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CINEMA
18 Dicembre 2025 - 04:15

DIARIO VISIVO (Recupero film recenti dallo streaming)

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Eden; I figli degli altri; Proxima; Presence
DIARIO VISIVO (Recupero film recenti dallo streaming)

A volte mi indispongo quando vedo incensati da critici navigati alcuni film di grandi autori ma che sono degli evidenti errori di percorso, salvati se non addirittura esaltati solo per il nome del regista. Dall’altro canto un regista esaltato dal pubblico e dalla critica dozzinale come Ron Howard, reputato scarso e autore di opere del tutto pro-platea della domenica pomeriggio, giustamente considerato irritante dai recensori un po’ più colti (cinematograficamente), se riesce a fare un film decente e con qualche spunto anticonformista e carnale, passionale e violento, non certo un capolavoro ma qualcosa di più che guardabile come Eden (2024), bisognerebbe rendergliene merito. Invece la grande maggioranza giù a massacrarlo e a ridicolizzarlo, giusto perché firmato Howard… ripeto la mia litania di sempre: bisognerebbe guardare i film senza conoscere il nome del regista per giudicarli obiettivamente. Tratto da una storia vera… ormai un refrain ma le immagini finali dei reali protagonisti confermano (e il libro “The Galapagos affair” a cui è ispirato il film pure), racconta di Friedrich Ritter (intrepretato da Jude Law), medico e filosofo tedesco che con la moglie Dora Strauch (Vanessa Kirby) decise di vivere su un’isola disabitata delle Galapagos per fuggire la vita borghese e convenzionare e “scrivere il libro che salverà l’umanità”. Le loro giornate da alternativi in mezzo ad insetti, poca acqua, vegetarianismo e autosussistenza coltivando verdure, animali randagi e distruttivi, vengono turbati dall’arrivo di alcuni “vicini di casa”. Una coppia che fugge la miseria della grande crisi post-1929 (Daniel Bruhn e Sydney Sweeney) e una Baronessa (Ana de Armas) con un ingegnere e due baldi giovani come amanti e guardie del corpo al seguito, che ha intenzione di costruire un albergo in loco. La convivenza tra i tre nuclei più o meno famigliari sfocerà in invidie, sopraffazioni, intolleranze e violenza. Insomma uno specchio della società umana incapace di convivere senza attriti. Il buon Ron ci dà un film dalle intenzioni allegorico-massimaliste, viziosetto (la de Armas che usa il sesso per sottomettere gli uomini, Law che si concede in un nudo frontale senza censure…) e che non rinuncia ai toni forti. A mio parere non così male. (voto 6+)

 

Sul web si trovano due film sulla maternità e il rapporto con i figli piccoli di due registe francesi che ancora non avevo visionato. Uno riguarda quella negata a Virginie Efira che interpreta, ne I figli degli altri (2022) di Rebecca Zlotowski, Rachel, donna di mezz’età vicina alla menopausa e che ancora non è riuscita ad avere un figlio. Sa che sono gli ultimi anni che può sfruttare per diventare madre e il sogno pensa di poterlo coronare quando si innamora di Alì (Roschdy Zem). I due iniziano una vita insieme nonostante lui sia divorziato da Alice (Chiara Mastroianni) e abbia una figlia di 4 anni e mezzo, Leila in condivisione alternata. La maternità tanto agognata non arriva e Rachel si affeziona alla piccola Leila, ma sa che quella non è sua figlia biologica e che la famiglia che idealizza nel “sandwich” di abbracci tra lei e Alì con Leila in mezzo, è solo un sogno momentaneo destinato a non durare. La Zlotowski ha già dimostrato in passato con un gran film Grand Central di avere notevoli capacità di scrittura registica e di approfondimento psicologico e sociale, qui purtroppo, nonostante ci dia un’intensa figura di donna, aiutata in questo dalla sempre magnifica Efira, tende a rinchiudere il racconto in maniera monotematica senza uscire dalla comfort zone della descrizione di legami elementari. (voto 6). Product placement: Coca zero, Nutella, Haribo, I-phone, Tacchini, Fiat, Acer, Ellesse. L’altro film riguarda invece il rapporto difficile tra una madre che ama il piccolo figlio e la sua professione che la allontana da lui. La regista Alice Winocour si avvale delle prestazioni attoriali di Eva Green e Matt Dillon per raccontare in Proxima (2019) di Sarah, astronauta scelta dalla ESA per una missione spaziale della durata di un anno. Il film non fa altro che mostrare la preparazione della donna al viaggio e le sue difficoltà nello staccarsi dall’affetto del figlioletto che non potrà vedere per un lungo anno. Niente altro. Film semplicissimo ma che scorre via senza annoiare e dandoci anche qualche emozione sentimentale. (voto 6) Ascensori Schindler, Puma, Adidas, Matrix (attrezzatura per palestre), Wellstore nel product placement.

Ormai abbiamo capito da anni che Steven Soderbergh è un autore poliedrico, che mastica cinema, studia cinema ed è bulimico di regia cinematografica. Ci ha abituato ad alternare opere mainstream anche di grande successo, film politici anche piuttosto duri e piccoli film sperimentali. Presence (2024) fa parte di questa ultima categoria, un’ora e ventidue minuti di piani sequenza alternati a stacchi secchi di nero assoluto. Piani sequenza veloci e in grandangolo che danno un senso di alterazione dello sguardo, a volte danno fin fastidio alla vista. Soderbergh stravolge il concetto di POV e di casa infestata girando il film dal punto di vista unico di un… fantasma. La famiglia sinoamericana di Lucy Liu e Chris Sullivan va ad abitare in una nuova abitazione a due piani con i due figli soprattutto per permettere all’adolescente Chloe di riprendersi dai traumi subiti per la perdita dell’amica del cuore morta di overdose. Ma la vita della famiglia è costantemente sotto controllo dal fantasma che forse appartiene all’amica morte o forse ad una ragazza morta nella casa… A parte lo stravolgimento formale, sulla semplicissima e abusatissima trama Soderbergh inserisce lampi di problematiche (mai approfondite e proprio per questo più inquietanti) che vanno da fallimenti personali ad atti illegali, da soprusi subiti da donne alla forza di queste ultime di autodeterminarsi, dalla droga abusata dai giovani al bullismo contro i più deboli. Piccoli flash che rendono autoriale un film altrimenti a rischio di diventare un normale Paranormal activity(voto 6,5) L’I-phone Apple unico product placement del film.

STEFANO BARBACINI

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