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SPECIALI
18 Agosto 2008 - 23:35

Festival del product placement di Lecco

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Storia del cinema
Festival del product placement di Lecco Si apre con il film di Marilyn il ciclo storia del cinema e product palcement il festival lecco. Il product placement è una sofisticata tecnica di comunicazione aziendale che consiste nel posizionare il proprio prodotto/brand all’interno di un contesto narrativo precostituito (pellicola cinematografica, fiction, romanzo, videogioco, videoclip, altro) riuscendo ad integrarsi in esso.
Il product placement cinematografico nasce paradossalmente lo stesso giorno del cinema, quando, il 19 marzo del 1895 i Lumiere girarono il loro primo film “L’uscita degli operai dalla fabbrica Lumiere” (appunto).
Partendo dai primi filmati dove, in alcuni casi, era impossibile distinguere il confine fra cinema e pubblicità, nel corso del tempo il product placement si evolve arrivando al suo apice nell’epoca d’oro di Hollywood.
È questo periodo infatti in cui si prende maggiormente coscienza di un fenomeno che era già nato nei decenni precedenti ma che adesso viene sfruttato in pieno dalle brand: la potenza di una star.
“Mezza umana mezza divina, versione new look degli dei dell’Olimpo e degli eroi della mitologia, questa moderna divinità che è la star, crea una nuova religione suscitando un proprio culto. Prodotto perfetto della nostra civiltà dei consumi, la star capta le aspettative antropologiche che di volta in volta la religione e la politica hanno deluso. È l’incontro fatale del commercio e dell’arte, della dea e della merce. L’uomo del ventesimo secolo scopre finalmente riuniti a braccetto questi valori nemici che hanno sempre lacerato la sua vita.”
La star convince: lei fa e noi facciamo, lei usa e noi consumiamo.
Se ne era già accorta la pubblicità che da anni usava le star come testimonial per le proprie campagne pubblicitarie.
Una delle primissime campagne pubblicitarie a sfruttare questa idea (la prima, secondo alcune fonti), sembra sia stata quella della saponetta Lux con «9 out of 10 screen stars use Lux toilet soap for the priceless smooth skin» nel 1925, dopodiché il contagio fu immediato.
Solo in quegli anni la Lucky Strike aveva sotto contratto stelle del calibro di Constance Talmadge, Carole Lombard, Gary Cooper, Robert Taylor e Barbara Stanwych, mentre la Chesterfield poteva contare sulla presenza di Rita Hayworth, Susan Hayward, Richard Widmark, Tyrone Power, Alan Ladd, Bob Hope, Joan Crawford, Glen Ford e Gregory Peck.
Con questa nuova visione di product placement, la star non ha più bisogno di stare immobile per vendere i sogni, ma può sfruttare tutto il suo fascino per pubblicizzare un prodotto (o un sogno) all’interno di una storia.
Il potere seduttivo è enorme. In Accadde una notte, film decisamente sensuale per l’epoca (chi non ricorda le “mura di Gerico” innalzate in camera da letto o la coscia di Claudette Colbert in nylon, mostrata per fermare un automobilista e la battuta “Se ci sarà da fermare un autobus mi spoglierò.” ?), Clark Gable appare per la prima volta, nella storia del cinema ufficiale, senza maglietta, nudo sotto la camicia.
Successe il finimondo, le vendite di canottiere in tutti gli Stati Uniti crollarono vorticosamente. I produttori di maglieria intima si recarono ad Hollywood a supplicare che la scena venisse tagliata, e così fu.
L’irrefrenabile bisogno di affiliazione provocato da Clark Gable, Marilyn e colleghi, non poteva non essere sfruttato.
Così Katharine Hepburn e Humprey Bogart si ritrovano a bere Gordon Gin ne La regina d’Africa (The Africa queen, John Houston, Usa 1952), Lana Turner e Richar Burton il Ballantines ne Le pioggie di Ranchipur (The rains of Ranchipur, Jean Negulesco, Usa, 1955) e il Ricard accompagna Elizabeth Taylor e Van Johnson in L’ultima volta che vidi Parigi (The last time I saw Paris, Richard Brooks, Usa, 1954).
Le marche cercano anche di legarsi a determinate star e di aver un rapporto che duri più di un film.
Ma la vera star di questi anni, l’icona pubblicitaria per eccellenza, non poteva che essere Marilyn.
Nata con un filmino “porno” del 1945, dove “gioca” nuda con una bottiglietta di Coca-Cola, e morta con un suicidio che l’ha fatta entrare nel mito, Marilyn e la sua gonna alzata sopra gli sfiatatoi della metropolitana in Quando la moglie è in vacanza (The seven year hitch, Billy Wilder, Usa, 1957) sono diventate segno repertoriale per l’advertising del futuro.
A loro è stato dedicato di tutto: dalle copertine del Times alle serigrafie di Andy Warhol, dove “il ritratto dell’attrice viene visto come il prodotto di una cultura di massa, costruito alla stregua di un prodotto di consumo”, dalle pubblicità della Polo ai nomi (e arredamenti) per pub, discoteche e sexy shop.
Ma anche da viva, Marilyn è stato un ottimo testimonial, al quale è stato fatto sponsorizzare di tutto. Come non ricordare l’aspirante miliardaria di Come sposare un milionario che vuole sposare il signor Coca-Cola e ad un certo punto incontra la moglie del vero signor Esso o la cantante jazz di A qualcuno piace caldo (Some like it hot, Billy Wilder, Usa, 1959) che si innamora del falso signor Shell, per non parlare delle sue gambe che spuntano da un cartellone Ford ne Il magnifico scherzo (Monkey business, Howard Hawks, Usa, 1952) o del vestito sexy attillato della cantante di saloon Cherie in Fermata d’autobus (Bus stop, Joshua Logan, Usa, 1956) che si esibisce davanti ad un quadro della Bell Telephone.
E la lista potrebbe andare avanti ricordando la Coca-Cola, presente in molti suoi film, Chanel n.5, col quale dormiva, Tru-Glo, liquid make-up, che lanciò una campagna pubblicitaria con Marilyn in contemporanea all’uscita del film Niagara (Henry Hathaway, Usa, 1953), nella quale sosteneva di essere il prodotto utilizzato per il trucco di Marilyn nel film, e le cui foto pubblicitarie furono poi usate da Warhol per il famoso quadro.
In quest’ottica il film “Quando la moglie è in vacanza” rappresenta il massimo per l’icona pubblicitaria. A parte l’immagine della gonna, molte altre sono le citazioni o i riferimenti a marche e a situazioni pubblicitarie o reali del mito di Marilyn. Entra nella vita del timido Tom Ewell, un editor con molta dimestichezza con le campagne pubblicitarie, visto che e capace di trasformare le Piccole donne ne i segreti del dormitorio femminile, sconvolgendola a colpi di champagne, Royal Crown Cola, Bell Tomato Chips e Martini. E al povero Ewell non rimane che subire il fascino della modella che non solo fa da testimonial televisiva ad un fantomatico dentifricio ma ha posato pure (si fa credere per circa metà film nuda ma poi la si vede in bikini) per la rivista US Camera. La rivista era realmente esistente, ma forse, esistendo ancora il codice Hays quello che si voleva pubblicizzare era il giornale su cui erano apparse le sue vere foto nude: Playboy di sei mesi prima.
JMN

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