Quando ho deciso di andare a visionare questo film è stato perché dopo The Northman e le notizie di guerra che ci circondano (non che le due cose siano legate…), avevo voglia di sano divertimento e venivo da robe lette in internet di spasso assoluto alla visione di Finale a sorpresa, film coproduzione argentino/spagnola arrivata un po’ a… sorpresa sui nostri schermi (Banderas e Cruz sono una sicurezza in questo senso…).
In realtà se qualcuno si recasse a vederlo sappia che non è che proprio si rida a crepapelle, infatti ci si trova davanti invece ad un’ intelligente operazione metacinematografica, o per meglio definirla una visione critica sulla preparazione di un film. Ci troviamo davanti ad un vecchio ricco annoiato che vedendo approssimarsi la fine decide di voler essere ricordato dai posteri e per farlo decide di finanziare un film (un modo come un altro, infatti l’alternativa è far costruire un ponte che porti il suo nome…). Quindi abbiamo già una visione non certo idilliaca di produttore… incompetente che, tra l’altro, impone anche la figlia come attrice. La regista “di grido” lesbica (si premura di farsi subito la figlia del produttore…) e forzatamente alternativa, ad un certo punto confessa di non capirci nulla e che quindi tutte le prove bislacche a cui sottopone gli attori protagonisti risultano di un’ironica inutilità.
Poi abbiamo i veri protagonisti del film e del film nel film i due attori, l’intellettuale integerrimo, maestro di recitazione, famoso ma non ricco (il compassato Oscar Martinez) e il cazzone, bello e tombeur de femme, pieno di premi cinematografici, insomma il divo, non particolarmente colto e neanche particolarmente bravo, privo di scrupoli e capace di vendere la propria immagine più che dimostrare le proprie qualità (l’estroverso Banderas).
La schermaglia psicologica e attoriale, il vero punto focale del film, si trascina verso il “finale a sopresa” (sia nel film che nel film nel film…) che non rivelerò ma che porta all’approdo del black humour la navigazione del film che a tratti perde un po’ di ritmo e sconta qualche lungaggine ma è, come già detto, di intelligenza non comune e lo spettatore ne trae divertimento ma anche motivo di vedere il re denudato…
Da parte loro i registi fanno un ottimo lavoro nella direzione degli attori (ma la materia prima è buona di suo…), sono attenti all’architettura scenografica che spesso sorprende positivamente e, soprattutto, decidono di concentrarsi su un panorama insolito, il volto di Penelope Cruz che viene inquadrato spesso in primissimo piano se non addirittura in dettaglio e ci restituisce i segni orografici di una donna vicina ai cinquanta ma ancora di una bellezza penetrante da turbare nella nuova versione con fulvi capelli debordanti.
Product placement? Poca roba. Praticamente si esaurisce nella bacheca iniziale dei “trofei” del ricco magnate dove troviamo la marca di attrezzature da golf Titleis, il Jamon Joselito e laOca, outlet anche online di arredamento probabilmente quello esaltato dalle immagini nel film. Infine la telecamera del film nel film (e quella del film principale) esibita spesso che è Sony.