Sono Jojo Betzlar e ho 10 anni. Si presenta così il ragazzino protagonista del film di apertura del Torino Film Festival 2019, l'atteso Jojo Rabbit di Taika Waititi.
Jojo ha un amico immaginario che è nientepopodimenoche Hitler in persona (interpretato personalmente dal regista Waititi) e pertanto vive gli ultimi giorni del nazismo in Germania arruolandosi nella gioventù hitleriana, seguendo i consigli di tale amicizia, dove, per riscattarsi di non aver avuto il coraggio di uccidere un coniglio (da qui il soprannome Jojo Rabbit), lancia maldestramente una granata che gli esplode tra i piedi lasciandolo sfigurato ("sembra un quadro di Picasso...") e zoppo.
Fanatico nonostante tutto e frustrato si rifugia in casa dove la madre (Scarlet Johansson... umanizzata) non condivide le scelte del figlio e dà rifugio ad una giovane ebrea, naturalmente di nascosto. L'incontro con quest'ultima cambierà la visione del mondo di Jojo...
Waititi ruba da svariati film gli spunti narrativi a partire da "La vita è bella" (come lì l'umorismo si mischia con il dolore "vero" e la morte "reale"), ma pure da tanti altri come Spielberg, Kubrik con personaggi che paiono usciti da Stranamore..., Monicelli e "La grande guerra" (il personaggio del capitano ubriacone e trasandato, il più azzeccato del film e interpretato da un Sam Rockwell in grande forma, ha molte parentele con i protagonisti del film italiano), Wes Anderson (il bambino protagonista potrebbe tranquillamente averlo inventato lui...). Non solo omaggi ma ripetizione di soluzioni abusate e scontate.
A momenti demenziali e divertenti e altri di buon cinema (le rovine della guerra, alcune inquadrature ricercate), si alternano scelte puerili (il ripetersi delle scarpe da allacciare, le farfalle dell'amore...) e luoghi comuni quasi irritanti. Anche i momenti del dolore e delle morti variano dalle toccanti illustrazioni della durezza e della crudeltà della guerra a momenti che scadono nel patetico.
Insomma ci pare che Waititi abbia voluto "costruire" un film per piacere al grande pubblico (anche perchè esser troppo scorretti su questi argomenti si rischiano insuccesso e polemiche) perdendo quella genuinità umoristica ben più grezza e istintiva (ma decisamente più nelle sue corde) dell'ottimo What we do in the shadow.
Film in costume senza product placement rilevante.