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CINEMA
27 Gennaio 2024 - 15:54

DIARIO VISIVO

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Captive state, Dark Harvest, The Teahouse (Shaw Bros.)
DIARIO VISIVO

Per proporre un film di fantascienza avvincente e dinamico, il regista Rupert Wyatt recupera dalla storia. In un’intervista su Mad Movies cita la guerra d’indipendenza americana e la guerra in Iraq, cinematograficamente dice di aver basato la sua regia su L’armata degli eroi di Melville e su La battaglia di Algeri di Pontecorvo. Captive state (2019) ha in effetti una sovrastruttura fantascientifica (a Chicago nel futuro arrivano degli alieni che s’impadroniscono del mondo) ma non è altro che un film sulla resistenza in una nazione invasa. Partigiani contro nazisti ma anche ribelli di una dittatura illiberale (gli alieni controllano tutti i mezzi di informazione e tramite un chip organico anche gli individui) con polizia e politici che si sottomettono al potere e ne diventano la mano armata. De La battaglia di Algeri ha sicuramente la ricerca di una regia quasi documentaria e la frammentazione dei personaggi ampliando il punto di vista. Trame a ragnatela, rapporti umani ambigui, comportamenti all’inizio difficili da decifrare. Di solito si tende a criticare film troppo lunghi per mancanza di sintesi, Captive state invece, così come è costruito, avrebbe bisogno di almeno una mezz’ora in più, se non altro per godere di più delle performance superlative di Vera Farmiga e John Goodman e per conoscere di più dei loro personaggi. (voto 6+) Solo un paio di auto (apertura su un’Audi, Goodman invece guida una Chevrolet) e niente altro product placement.

Tutti gli anni in una cittadina del Midwest ad Halloween, tra campi di granoturco, si materializza uno uomo mostruoso con zucca in testa, mezzo zombie, mezzo spaventapasseri, chiamato Sawtooth Jack e i giovani del paese si mettono in gara per catturarlo e ucciderlo non senza perdite truculente fra di loro. Vengono prima rinchiusi in casa e lasciati senza cibo per giorni e poi affamati e incazzati liberati per la “gara”. Il vincitore ottiene 25000 dollari e una Corvette per andarsene dal paese. Questo accade in Dark Harvest, il nuovo film di David Slade quello dell’inquietante Hard Candy e del vampiresco glaciale 30 giorni di buio. Purtroppo in quest’ultima opera non riesce ad arrivare ai livelli dei due precedenti, la narrazione è confusionaria e fatica a mettersi in moto, il mistero che sta dietro alla truculenta rievocazione annuale non è adeguatamente preparato perché il regista è più attento ai brutti effetti digitali con cui fa saltare teste e corpi che non a creare un’atmosfera cupa e misteriosa. (Voto 5) Dr. Pepper e 7up tra il product placement che trova l’apice al momento della “liberazione” dei giovani che affamati esclamano: “mi farei tagliare le palle per un Twinkie!”

SHAW BROTHERS. Ho recuperato The teahouse (1974) di Kuei Chih-hung, il primo film con protagonista il “big brother Cheng” di Kuan Tai Chen. Piuttosto deludente anche rispetto al suo seguito. Come quello è discontinuo, alterna commedia a considerazioni sulle storture della giustizia, melodramma, violenza mafiosa e una spolverata di noir. Cheng cerca di dirigere il suo ristorante cercando di mantenersi retto moralmente e legalmente ma non è facile quando boss mafiosi e politici corrotti tirano la maglia da tutte le parti. Nonostante ciò diventa una personalità importante del quartiere e le decisioni che deve prendere saranno decisive per il suo futuro. La narrazione è comunque più coesa che non in Big brother Cheng ma gli sprazzi di violenza e dolore che ci sono nel seguito qui mancano lasciando il tutto un po’ più insipido. Comunque grande successo di pubblico che ha portato al sequel. (Voto 5,5) Nel ristorante i soliti pannelli pubblicitari di Pepsi, Coca Cola e 7up.

STEFANO BARBACINI

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