Brad Harris e Alberto Farnese (Albert Farley) ritornano alla corte del re “straccione” Bitto Albertini indossando sandaloni e tuniche per difendere i confini dell’impero romano dal traditore Massimo Serato.
Farnese è Valerio governatore di una regione dell’impero romano minacciata da Alemanni e Franchi e chiede l’aiuto dell’ex gladiatore, promosso tribuno, Marzio (Harris) per fermare le incursioni barbariche. Da un controllo si scopre che le armi usate dai nemici sono di fabbricazione romana quindi vi è un traditore, subito individuato nel console Caio Appio Quintiliano (Serato). Inviato insieme al fido Claudio (Paolo Rosani) per perorare la causa di Valerio, Marzio, deve fare i conti con la fama positiva che ha Caio al Senato. A Marzio viene affidata una “mission”: infiltrarsi sotto falso nome tra le genti delle sue terre ai confini per scoprire le reali intenzioni di Caio. Composta una squadra di tre con il fido Claudio e l’astuto ladro e truffatore “la volpe”… (Raf Baldassarre), il nostro parte. Nel frattempo a Roma l’oppressione dei cristiani è all’apice e come sottotrama i tre devono anche liberare Diana, la donna di Claudio, dalle catacombe asserragliate dai soldati romani. Marzio scoprirà, tornando alla propria casa, che il perfido Caio ha nel frattempo fatto uccidere suo padre in combutta con l’infido Servio e con il tormentato Manlio, padre di Licia la donna amata da Marzio e bramata da Caio (un intrigo shakespeariano ignobilmente abbassato a livelli da scrittura su carta igienica…). La mission di spionaggio diventa ricerca di vendetta (“Caio il tuo cadavere non avrà mai sepoltura, te lo giuro”). Ma le cose si complicano perché Caio riuscirà, dopo un attentato alla vita di Marzio, a far incolpare quest’ultimo dell’omicidio di Manlio (in realtà ucciso proprio da Caio). Ma “Roma ha ancora uomini valorosi” e Marzio, con l’aiuto di un Valerio che ci rimette la vita, riuscirà a ribaltare la situazione e a sconfiggere il malvagio Caio i cui piani di sovvertire l’impero alleandosi con i barbari cozzeranno anche contro la sua superbia (accoltella Servio che richiede ricompense eccessive e quest’ultimo prima di morire confesserà tutto a Licia rimettendola tra le braccia di Marzio).
Siamo nel 1971, ovvero al tramonto del genere peplum che tanto funzionava negli anni ’60, e Albertini che ancora non lo aveva frequentato lo approccia con le modalità di quello che va al momento, ovvero i Trinità di Clucher e anticipando le scurrilità di Tarantini-Cicero. In contrasto con l’inizio, che come in altri film di Albertini, sembra promettere recitazione accurata e trama seriosa, poi si trascende in scazzottate, gare di rutti, vernacolo da borgata, abboffate di polli e vino, risse da osteria, finanche una pioggia di piscia sul povero Baldassarre elemento “comico” del film; si citano fagioli e scorregge di altri film e da altre pellicole vi sono inserti di leoni che sbranano cristiani e battaglie tra legionari e barbari. Insomma tutto un infelice connubio di topoi del peplum con la deriva dello spaghetti western verso la battuta grassa e i pugni “acrobatici”.
Se qualcosa vogliamo salvare del film possiamo trovarla nella caratterizzazione dei cattivi, Massimo Serato contornato dal subdolo Michel Lemoine, la cui faccia presenta “lombrosianamente” viscidità, e da Margaret Rose Keil perfetta nel ruolo della perfida e perversa sorella di Caio. Completano il cast al femminile la “cristiana” Adler Gray e la splendida Maria Pia Conte (Licia). Erotica la presenza di una danzatrice del ventre assai procace a metà pellicola.
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