“Non scherzate mai più con il mio matrimonio!” minaccia verso la fine del film una gelida e pericolosa Cate Blanchett, moglie di un compassato e implacabile, apparentemente insensibile, Michael Fassbender. I coniugi George Woodhouse e Kathryn St. Jean sono entrambi agenti dell’Intelligence inglese e il loro matrimonio entra in crisi quando qualcuno installa in George il dubbio che Kathryn sia una traditrice. Sembra quasi assurdo pensare che uno dei focus (con pure una certa ironia) in un film di spionaggio alla Le Carré siano i rapporti di coppia. Eppure è così, ma non lasciatevi fuorviare dalla frase che ho messo all’inizio, non c’è nessuna apologia dell’istituzione matrimoniale, anzi Soderbergh si diverte a cercare di distruggerla, di metterla continuamente in difficoltà. I rapporti tra spie, abituate a tradimenti e a raccontare falsità, alla doppiezza e al cinismo legati alla professione, non possono certamente essere meno turbolenti di quelli di una coppia normale. Tutto ciò viene subito messo in mostra in una cena iniziale in cui George, col fine di scoprire chi può aver tradito la Patria, inizia una specie di gioco della verità che farà esplodere i legami. Da far impallidire quella di Perfetti sconosciuti.
Guardando il trailer di Black bag uno spettatore può pensare di trovarsi di fronte ad un film del tipo Mr. & Mrs. Smith, anche perché dalla lotta di sospetti tra moglie e marito agenti speciali partono le vicende di entrambe le opere. Ma dimenticatevi la superficialità (di successo bisogna dire visto che ne è nata anche una serie tv) del film di Doug Liman. Quando si affronta il cinema di Soderbergh difficilmente ci troviamo di fronte ad opere unidimensionali fatte solamente allo scopo di stupire e divertire. Soderbergh è probabilmente il regista attuale che meglio di tutti riesce a far convivere argomenti tecnici, sociali, politici e psicologici con lo spettacolo mainstream. Qui va anche oltre il tipico film con trama ad incastro perfetto (di cui lui stesso è un estimatore, vedi Ocean Eleven) perché il suo modo di girare, personale ed innovativo opera dopo opera, ha più dell’autoriale che non dello stupefacente. Quando l’azione si inserisce nella trama è sempre una sorpresa che lacera il tessuto narrativo fatto di suspence, tensione e rapporti ambigui.
Stavolta il congegno narrativo pieno di vicoli ciechi e di capovolgimenti di senso come ci si aspetta dal genere, è dello scafato David Koepp, ma la perfezione delle caratterizzazioni degli interpreti è tutta di Soderbergh (oltre ai due protagonisti assolutamente in ruolo, lasciatemi citare la coppia Tom Burke e Marisa Abela, spie fin troppo… umane).
Soderbergh ha decisamente messo a frutto la lezione del “maestro” Richard Lester: quando riesci ad applicare la tua tecnica cinematografica ad un congegno narrativo che tiene inchiodato lo spettatore, allora hai vinto la partita. (voto 7+)
Soprattutto marche di auto nel product placement del film, Land Rover, Mercedes e Audi. Anche Dell fa parte della partita. Citiamo a parte la citazione dei farmaci psichici Lorazepam e Zolpidem.