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CINEMA
24 Giugno 2011 - 10:35

MOSTRA DEL NUOVO CINEMA DI PESARO (4)

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Un autore da tener d'occhio dallo Sri Lanka
MOSTRA DEL NUOVO CINEMA DI PESARO (4)

C’è un paesaggio intriso di sacralità con pareti rocciose enormi, rovine di templi e palazzi di una gloria che fu, piante secolari all’interno dei cui tronchi vanno a cercare consolazione e conforto corpi nudi di uomini piccoli e infelici, e vegetazione che si insinua tra i sassi.

Della guerra civile nell’ex-Ceylon tra etnie Tamil e Singalesi capiamo solo che vi sono carnefici (i militari) e vittime (uomini e donne civili). E che la storia viene raccontata in modi differenti e adeguata alle politiche di propaganda. E che anche i capi religiosi sono lardosi sfruttatori della povertà altrui.

Così si intrecciano storie di gente comune in difficoltà economiche il cui diritto al minimo piacere deve fare i conti comunque con una morale ottusa e bigotta. Tutto il marcio che è dentro l’uomo prima o poi fuoriesce andando a miscelarsi in un bagno di sangue. Vi è nel film una vera ossessione per i liquidi meno nobili, sputi catarrosi, piscio, sangue, latte andato a male.

Senza una speranza, senza un futuro, in fuga su di un autobus senza autista e senza direzione…

Dallo Sri Lanka arriva alla Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro 2011 l’esordio folgorante di Sanjeewa Pushpakumara, Flying fish, regista assolutamente da tenere d’occhio per il futuro. Autore di un opera complessa, visivamente magnifica con una sorprendente esplicitazione della sessualità che non è assolutamente frequente nel cinema indiano. Opera da rivedere per capirne anche la simbologia naturalistica e psicologica.

Product placement probabilmente accidentale per quanto riguarda una maglia di squadra da calcio Flying Emirates, un fuoristrada NISSAN e la solita COCA COLA. Più dubbi su una panoramica del centro città in cui rivendite MSG, OIL MART e JASMIN HOTEL vengono inquadrati con bella definizione.

Continuando un discorso portato avanti l’anno scorso, il festival ha anche presentato due nuovi film di fiction russi girati da registe donna.

Il primo è The Roman waltz di Alena Semenova (coreg.Aleksandr Smirnov), un film girato in video che racconta un episodio semisconosciuto avvenuto nell’immediato periodo postbellico. In un villaggio in cui vi sono solo donne, vecchi e bambini perché gli uomini sono ancora dispersi a causa della seconda guerra mondiale, arrivano degli ufficiali dell’Armata Rossa con l’ordine di obbligare le donne sopra i 16 anni ad imparare l’arte dello sminamento per bonificare un campo minato nei pressi del villaggio. In pratica delle ragazze che non hanno mai visto una bomba in vita loro sono costrette a rischiare la vita per disinnescare gli ordigni seppelliti nel campo. Quello che poteva rappresentare lo spunto per un interessante dramma politico e critico diventa presto un melodramma tra la soap opera e uno sceneggiato tv  inserendo una storia d’amore e anche una sottotrama gialla di scarso interesse sprecando l’ottimo materiale umano a disposizione dei registi e cioè un magnifico gruppo di attrici. Film in “costume” senza product placement.

Più interessante (e lo spessore dell’autrice è ben diverso, infatti stiamo parlando di Svetlana Proskurina, navigata regista per anni collaboratrice del grande Sokurov) il road movie visto in piazza, Truce, in cui il protagonista è un uomo senza prospettive che si lascia vivere abitando con un amico denominato “Quasimodo” per il viso deturpato e che subito si fa saltare un dito assieme alla caffettiera maldestramente accesa. Riesce a guadagnare qualcosa facendo il camionista e proprio uno di questi suoi viaggi noi seguiamo. Durante il tragitto il nostro incontrerà bizzarri personaggi (una donna che si da a chiunque è disposto a mantenerla, un amico d’infanzia nichilista e perditempo, una coppia di furfanti che rapinano “per divertimento”, la fidanzata di un crudele bandito di cui si innamora e con cui fa sesso prima di essere abbandonato, uno zio pieno di soldi non si sa come accumulati poi derubato e che chiede aiuto al nipote per recuperarli) e finirà addirittura per morire fulminato e resuscitato dopo un immersione in acqua a testa in giù in cui rivivrà parte della propria vita. Insomma, tra il serio e il faceto si va a comporre il quadro psicologico di un ragazzo russo dei nostri giorni confuso sulla strada da intraprendere verso un futuro quanto mai incerto. Nessun product placement in questo film, annotiamo solo le solite ADIDAS che sono imprescindibili in qualsiasi film russo contemporaneo in cui vi siano dei giovani.

Stefano Barbacini

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