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CINEMA
22 Settembre 2025 - 20:07

DUSE IN PRIMO PIANO

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Duse (Pietro Marcello, Italia, 2025)
DUSE IN PRIMO PIANO

E’ un periodo in cui il cinema italiano sta lavorando sul biopic tendando di allontanarsene, tentando di presentare la figura di un grande dell’arte, principalmente, nelle sue intimità, nella sua decadenza, nella sua memoria. Senza dar aria di completezza (da quando è nato a quanto muore…). Un modo per esplorare più l’anima e la storia della persona, naturalmente del tutto arbitraria se vogliamo, per ampliare il discorso verso un discorso universale. Ad esempio il modo di inquadrare Pirandello da parte di Michele Placido in Eterno visionario non è molto diverso da quello di Pietro Marcello in Duse. Il teatro, la decadenza, le difficoltà a realizzare i sogni, il tentativo di dare una svolta alla propria arte, l’incontro con grandi del tempo (emozionante qui quello con Sarah Bernhardt), i rapporti difficili con figli che si sentono trascurati, gli amori ormai irrecuperabili (qui quel Gabriele D’annunzio croce e delizia della sua vita).

Lo stesso Pietro Marcello (intervista a Film TV n. 37 Anno 33, rilasciata a Matteo Bonfiglioli) afferma: “Con quale arbitrio posso dire “questa è la Duse”? Mi interessava raccontare lo spirito, la fragilità, il potere di una donna che decide per sé in un tempo maschio. E mentre scrivevo il soggetto, pensavo già a Valeria Bruni Tedeschi.” La differenza tra i due film è nell’approccio registico, più da attore e amante del teatro e della drammaturgia quello di Placido, più da documentarista e cinefilo archivista quello di Marcello.

A quest’ultimo interessano principalmente i volti dei suoi attori/personaggi, e non solo quello continuamente analizzato della Tedeschi/Duse, un volto che da solo dice molto, sulla Duse ma anche sulla sofferenza di una donna che sente avvicinarsi il tramonto in generale. Interessano all’occhio naturalista di Marcello anche quelli dei personaggi secondari, anche quelli che vediamo per pochi minuti. Quello aguzzo da guitto di Memo Benassi (Vincenzo Nemolato), quelli duri e infelici dell’assistente della Divina, ovvero l’austriaca Fanni Wrochna, e della figlia della Duse, la francese Noemie Merlant, quello sofferente e deluso del torvo D’annunzio di Fausto Russo Alesi, e poi la Bernhardt di Noemie Lvovski, il faccione trombonesco dell’Ermete Zacconi di Mimmo Borelli. Ma non solo anche quello ad esempio del rematore della barca sulla laguna per dirne uno. Poi ci sono le meravigliose restaurazioni (e qui la colorazione digitale rinfresca e migliora il realismo delle immagini in modo positivo) di filmati d’epoca scelti dal regista per dare contesto storico e verismo (ma anche bellezza artistica perché è evidente che il regista ami il periodo muto e la sua visionarietà).

E con la Storia bisogna fare i conti in Duse perché il periodo di crisi della donna, ritiratasi dalle scene da più di dieci anni e ora costretta a ritornarvi per problemi economici, e costretta a farlo nonostante la malattia, va in parallelo con la distruzione della Prima Guerra Mondiale e la fallace, successiva, illusione della “forza” idealistica (come crede il primo D’annunzio) del nascente fascismo. Mussolini viene definito dal vate all’amata “un attore che recita e che tu non sai riconoscere perché agisce fuori dal palcoscenico”. E se Marcello abbia voluto anche creare un parallelo anche con la situazione attuale, in cui i politici sono seguiti per simpatia su come si presentano, su come si muovono, su come fanno o meno smorfie buffe, che non per quello che dicono, mai verificato da elettori disattenti e fuorviati dall’apparenza, non saprei dirvi, ma il sospetto è forte.

Detto questo il film che per buona parte è coinciso, coinvolgente e visivamente curato, mi sembra che nel finale stiracchi un po’ troppo la vicenda, ad esempio, del rapporto con la figlia e di quello tra la figlia e l’assistente, scivolando verso una standardizzazione che non fa bene all’opera. (voto 6+)

Stefano Barbacini

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