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CINEMA
22 Maggio 2024 - 18:20

L'IMPERTINENTE JEANNE

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Jeanne Du Barry, la favorita del re (Maiwenn, Francia, 2023)
L'IMPERTINENTE JEANNE

Non si può dire che Maiwenn non abbia del coraggio… andare a riesumare la figura di Jeanne Du Barry, farne un’eroina femminista e interpretarla perché “Jeanne c’est moi” e farne una modernizzazione autobiografica senza però trascurare una ricostruzione, piuttosto ironica, della vita di Versailles; prendere come antagonista Johnny Depp facendogli interpretare Luigi XV in francese con accento americano (!); cambiare radicalmente la sua concezione di cinema, quella tutta macchina a mano, immagini “sporche” e realismo diventa piani sequenza, grandangoli e piani fissi (“la gente immagina che io ami solo Pialat, Cassavetes e Kechiche, ma io sono anche fan di Rohmer, Kubrick e Bresson!”); cercare di evitare il biopic “televisivo” guardando a Kubrick e Serra “i miei film d’epoca preferiti sono quelli nei quali ci si sente vicini ai personaggi perché possiamo condividere i loro interessi e le loro passioni”; creare un personaggio di servitore “pigamalione” passando così da Kubrick a Pretty Woman e riuscire a tenere insieme il tutto è operazione che, come si diceva, denuncia coraggio, impertinenza e voglia di andare controcorrente.

Marie-Jeanne Bécu, la ragazza del popolo che diventa negli anni prima protetta di un nobile, poi suora (scacciata dal convento perché leggeva libri osé), poi prostituta di corte “gestita” dal “pappone-conte” Du Barry, che le darà il nome e il titolo di contessa (nella storia “vera” fu il fratello a sposarla), infine amante del duca di Richelieu che la introduce alle stanze reali (in particolare a quella da letto dopo un minuzioso controllo medico), finisce nel trasformarsi in racconto di affermazione personale in un mondo completamente diverso dal suo, con atteggiamenti anticonformisti (si veste in abiti maschili tra l’altro uguali a quelli del re, bacia il re in pubblico, irrita con i suoi atteggiamenti le figlie del re e la giovane Maria Antonietta) e autodeterminazione, proprio quello che Maiwenn sente di aver fatto nel mondo del cinema francese.

L’obbiettivo di “Femminizzare la storia” (come titola la recensione di Jean-Loup Bourget su Positif 748, numero nel quale è contenuta anche un’intervista a Maiwenn da cui ho tratto le sue affermazioni) in Jeanne Du Barry è sicuramente riuscito e prosegue la strada della Maria Antonietta di Sophia Coppola, ma in definitiva il film di Maiwenn manca di vera passione, manca di reale sovversione (alla fine è solo con l’ironia che la regista crea un personaggio impertinente ma che non ha la vera forza dell’oltraggio) e ci lascia sì presi da questa capacità di tenere assieme un materiale narrativo con finalità eterogenee, ma alla fine non ci soddisfa pienamente perché non affonda la lama, quello che poi farà la rivoluzione francese che, questa sì irrispettosa, taglierà la gola ai reali ma anche alla povera, innocente Du Barry, colpevole solo di non essere stata abbastanza “rivoluzionaria”, come, in definitiva, l’opera di Maiwenn. (Voto 6)

Film storico senza, ovviamente, product placement.

STEFANO BARBACINI

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