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CINEMA
21 Settembre 2025 - 12:30

SIGARETTE TUMAC SULLE ROTAIE

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Rotaie (Mario Camerini, Italia, 1929)
SIGARETTE TUMAC SULLE ROTAIE

Negli anni Venti del Novecento il cinema muto italiano, dal passato glorioso, entra in crisi ma “l’interesse per il cinema delle giovani generazioni era andato aumentando tra il 1925 e il 1930. Sole e Rotaie, due film muti di grande interesse e risonanza, non erano meteore cadute dal cielo: essi erano il frutto di una risvegliata coscienza artistica promossa da studi, ricerche critiche e volontà di rinnovamento” (Libero Solaroli, dichiarazioni, come le successive, raccolte da Goffredo Fofi e Franca Faldini su L’avventurosa storia del cinema italiano, Cineteca di Bologna). Ho rivisto volentieri Rotaie (1929) (lo trovate su Youtube) non potendo completare la visione con l’altro film della rinascita del cinema italiano, ovvero Sole di cui restano solo 11 minuti, il resto è andato perduto.

Il film risente decisamente degli studi teorici dei vari Epstein, L’Herbier, Gance e compari della grande stagione del cinema francese degli anni Venti e dell’espressionismo tedesco. L’inizio in realtà ricorda le atmosfere di The lodger (1927) di Hitchcock con il brumoso quartiere londinese dove agiva lo squartatore… ma qui siamo in Italia e due giovani amanti non fuggono dall’aver assassinato povere prostitute, ma da un sogno d’amore contrastato (dai genitori) e castrato dalla povertà. Disperati con il pensiero del suicidio in testa, si ritrovano in fuga in stazione dove un colpo di fortuna permette loro di trovare un portafogli pieno di denaro. Con questo si recano a Sanremo dove cominciano a fare una vita al di sopra delle loro possibilità, anche perché lui, Giorgio (Maurizio D’ancora), si dà al gioco e comincia a vincere grosse somme… ma si sa che il demone del gioco fa presto a rodere le persone e come vinceva prima in seguito l’uomo comincia a perdere forte fino a restare senza una lira… e c’è il conto da pagare… Viene in loro soccorso uno “squalo” della classe ricca e viziosa che frequenta quei luoghi, che fa capire di non farlo senza corrispettivo: la giovane ragazza della coppia (Kathe Von Nagy) deve andare a letto con lui. I due però di oppongono e fuggono via. Il ricco mosso a pietà li lascerà andare. I due umiliati ritornano verso casa e capiranno che quello non è il loro mondo ma che saranno costretti ad una vita più umile. Li vediamo anni dopo con lui che lavora felice in fabbrica, esce e davanti al luogo di lavoro l’aspetta la mogliettina con la borsa della spesa e un lavoro a maglia che probabilmente significa l’arrivo di un bambino…

Al di là del finale edificante (siamo sempre in periodo fascista e quindi di propaganda) il film è bellissimo. Girato in modo plastico da Camerini con l’attenzione ai nuovi linguaggi cinematografici (surrealismo, impressionismo ed espressionismo) e quindi, una fotografia curata e contrastata, grande attenzione alle riprese “ritmiche” e con sovraimpressioni di treni, rotaie, fabbriche, roulette, ovvero tutto ciò che della modernità in quegli anni rappresentavano un’attrazione meravigliosa per le avanguardie artistiche.

“Non occorrono grandi mezzi per rinnovare la cinematografia! (…) Nel film c’è l’espressione cinematografica potenziata dalla bellissima fotografia di Ubaldo Arata, l’agilità del racconto, l’intensità di resa degli stati d’animo. Camerini vi dà indubbiamente prova di saper raccontare cinematograficamente una storia (..) Mario Camerini e Alessandro Blasetti sono certamente le personalità più spiccate del periodo che va dall’avvento del sonoro alla seconda guerra mondiale” (sempre il già citato Libero Solaroli).

“Il film recupera alcuni elementi dell’espressionismo tedesco, dall’uso delle sovraimpressioni, al fatto di dover fare i conti con la negatività di altri elementi presenti delle avanguardie europee, come l’industria e la macchina (al contrario dell’esaltazione futurista, Camerini predilige la cultura di massa americana e l’happy ending finale); anche il contrasto luce e ombra che segna l’inizio del film, con la macchina da presa che segue di schiena i protagonisti, per poi alzarsi e inquadrare la scritta luminosa “Hotel”, una luce amica nella buia città nemica (…) Camerini ha dichiarato: «La cosa interessante è che Rotaie andò abbastanza bene anche all’estero. Fu il primo film italiano che andò all’estero. So che hanno fatto un’edizione sonora, solamente con la musica, italiana. Il film aveva questa qualità: che nel primo tempo c’erano solo due didascalie (prima che i due decidano di uccidersi, lei chiede a lui: «Mi ami?», e lui risponde: «Sì, sempre», poi tentano di ammazzarsi, ma poi non s’ammazzano), mentre in tutto il film ce n’erano una cinquantina. Questo fatto, del primo tempo con solo due titoli, ebbe un certo appoggio da parte della stampa».” (da Camerini ’30, Beppe Musicchio, Bibliotheka).

Per la cronaca Maurizo D’ancora, il protagonista, è quel Rodolfo Gucci, uno dei due fratelli che hanno dato lustro alla famosa casa di moda, padre di Maurizio, colui che fu fatto uccidere dalla moglie, fatto raccontato in House of Gucci del 2021. (voto 7+)

Cinzano, Gancia e Brill fanno parte di un’inquadratura ricercata, anche il product placement può essere fatto con arte. Le sigarette Turmac sono acquistate dal protagonista in stazione.

Stefano Barbacini

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