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CINEMA
21 Aprile 2025 - 10:59

DIAMANTI POCO BRILLANTI

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Diamanti (Fernan Ozpetek, Italia, 2024)
DIAMANTI POCO BRILLANTI

Ormai dobbiamo rassegnarci al fatto che Ozpetek non è più un regista cinematografico ma uno di soap opera televisive. Che ancora i suoi film vengano girati per il cinema non vuol dir niente, il suo immaginario e, soprattutto, il modo di descrivere contrasti, amori, incontri è quello. Esemplificativo l’incontro di Luisa Ranieri in questo ultimo film con un suo ex: nessun sottinteso, nessuna trovata cinematografica, nessun pathos, semplicemente il volto di lui impassibile, quello di lei a bocca aperta, musica che sottolinea di una banalità sconcertante, da telenovela anni ‘80.

In Diamanti Ozpetek si mette in scena in un prologo metacinematografico mentre cucina assieme a Mara Venier per una tavolata di attrici più Marchionni e Accorsi. Sembra quasi che voglia metter le mani avanti  mostrandosi come regista capace di attrarre le attrici a lavorar con lui, pronto ad invitarci a vederle nel suo film. Un atto che ha l’unico senso di mostrare il suo ego camuffato da uomo che dà spazio e forza alle donne. Di questo teatrino (che continuerà ad minchiam mischiandosi, a brevi tratti, alla fiction mettendo in scena il dolore, non si capisce se reale o fittizio, di Elena Sofia Ricci che in effetti non partecipa alla parte finzionale) si ricordano volentieri solo due o tre battute di Gepi Cucciari che sembrano spontanee.

Per quanto riguarda invece il film, che racconta la storia collettiva delle donne impiegate nella sartoria di proprietà delle sorelle Canova (Luisa Ranieri e Jasmine Trinca), si tratta di mettere assieme i vari drammi personali delle tante protagoniste attorno ad una trama principale in cui interviene Vanessa Scalera, che interpreta una costumista premio Oscar, la quale commissiona alla sartoria la realizzazione dei costumi del nuovo film del regista che ha le fattezze di Stefano Accorsi. Seppur potenzialmente queste piccole storie abbiano un loro interesse (soprusi di un marito sulla moglie, un figlio che non vuol uscire di casa, un lutto che non si riesce ad elaborare, un passato felice ormai svanito, un bambino che non si sa a chi affidare, una nipote rivoluzionaria nascosta in sartoria che si scopre geniale modista, un vecchio amante che ha un segreto, una nuova dipendente bistrattata) sono tutte, anche per non far durare il film 4 ore, semplificate senza vero spazio per un profilo psicologico delle protagoniste. Il peggio si assiste a come viene risolto l’odio tra due attrici del film di Accorsi (Smutniak e Signoris) che se ne dicono di ogni e, per il solo tempo di un taglio di montaggio, si ritrovano amiche per la pelle.

Questo guazzabuglio di short stories viene ulteriormente banalizzato da un paio di canzoni di Mina e Giorgia cantate senza un perché dalle sarte assieme a due ragazzi. Peccato per l'unico vero pezzo notevole del film, il vestito indossato dalla Smutiak alla fine, questo sì bello e visionario.

Un film in cui il cinema latita, in cui le interpretazioni di brave (e meno brave) attrici cinematografiche vengono mal sfruttate, in cui non vi è un momento che possa ricordare l’Ozpetek degli inizi, quando almeno una visione da regista l’aveva, seppur tendente all’esotico patinato. (voto 5-)

Unica brand nel quasi nullo product placement del film, la macchina da cucire Necchi.

Stefano Barbacini

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