Nono film della saga del Pianeta delle scimmie (più una serie tv, una di animazione, albi a fumetti, videogiochi) è Il regno del pianeta delle scimme (2024) in cui il regista Wes Ball prende in mano l’eredità del reboot, la trilogia di Cesare.
Il racconto inizia da dove finiva l’episodio precedente, ovvero dalla morte di Cesare, ma mostrandoci nuovi personaggi. Il protagonista è Noa, appartenente al clan scimmiesco degli addestratori di aquile, che allontanatosi dal villaggio per procurarsi un uovo di aquila ritorna trovandosi di fronte ad un attacco da parte di un esercito di gorilla che uccidono e catturano la popolazione. Tutto per farne degli schiavi sotto il controllo del dittatore Proximus che si autodichiara erede di Cesare, ma senza l’umanità e il senso democratico di quello. L’obbiettivo di Proximus è quello di entrare in un ex laboratorio “umano” di prima dell’anno del virus, in cui sono contenute buona parte delle conoscenze degli umani che potrebbero rendere ancora più potente Proximus stesso e i suoi accoliti. Noa con un gruppetto di amici e con l’umana May si mettono contro Proximus. Noa e gli amici scimmie per liberare quelli del loro clan e combattere in pratica la dittatura, May per impedire che le scimmie ottengano le conoscenze scientifiche per mero scopo di razza: gli umani devono restare superiori alle scimmie.
Il franchise de Il paese delle scimmie è quasi sempre riuscito a produrre insieme ad un grande spettacolo popolare (già i primi film degli anni Settanta avevano trucchi più o meno credibili per rappresentare le scimmie umanizzate, ora con le nuove tecniche e i computer tutto è talmente perfezionato da meravigliare nel suo realismo quasi tattile) unendolo alla fantascienza umanistica e politica. Nei vari episodi la storia dell’umanità e i suoi problemi, autogenerati dagli uomini stessi (distruzione del pianeta, razzismo, poteri dittatoriali, esperimenti genetici portati all’esasperazione, differenze sociali…), sono sempre stati prioritari nel racconto; qui, con riferimenti, che si fa fatica a non vedere, alla realtà attuale del mondo si parla appunto di spietati dittatori che vogliono impadronirsi di armi e conoscenze per sottomettere gli altri, di capovolgimento di senso delle azioni distorcendo gli avvenimenti e le parole del passato (Cesare preso di riferimento da un despota), di umani che invece di collaborare con le scimmie vogliono tornare a dominarle, di come anche una popolazione evoluta come quella delle scimmie attuali (cioè quelle nate dopo che Cesare è diventato intelligente e parlante) faccia gli stessi errori di quella umana, cioè potere e dominio sugli inferiori diventano prioritari sulla solidarietà e l’eguaglianza.
In somma un modo sempre intelligente di fare cinema mainstream, sperando che qualcuno non si lasci deliziare solo dalle bellezze delle creature e dei paesaggi creati dai computer ma faccia lavorare anche il cervello per capire il monito che sta dietro alla brillante sceneggiatura di Josh Friedman, Rick Jaffa e Amanda Silver, che mi sembra si trovano più a loro agio con questo mondo delle scimmie che non con quello dei blu di Avatar, a cui pure hanno collaborato.
Non ho visto product placement (voto 6,5)