Ed ecco un altro grande quanto poco riconosciuto film. Anche il suo autore non ha avuto nemmeno in futuro il posto che merita nella storiografia cinematografica francese. Jean Gremillon comincia proprio in questo florido e magico periodo, quello di cui questo speciale di interessa cioè il decennio degli anni venti francesi, la sua carriera cinematografica. Nasce musicista ma si appassiona subito alla nuova arte e mette a frutto la sua visionarietà prima partecipando alla cosiddetta seconda avanguardia francese con l’esordio La photogenie mecanique del 1925 con cui si accoda alle sperimentazioni di Leger, Chomette e Clair, poi, però, con Maldone inizia una trilogia di film narrativi che si rifanno assolutamente alla prima avanguardia, quella dell’impressionismo, secondo le teorie di Delluc.
“Gli argomenti sono quelli del confinamento, dell’oblio di sé ma anche, di conseguenza, quelli della fuga perduta e delle evasioni cieche.” Scrive Dominique Paini in uno speciale dei Cahiers dell’ottobre 2013 dedicato al regista.
Olivier Maldone, il protagonista (Charles Dullin che come il suo personaggio è costretto a mostrare due comportamenti, quello dell’allegro, trasandato e libero “gaucho” delle pianure e quello del fattore, possidente e quindi ben vestito e posato ma anche cupo e rabbioso) è fuggito dalla proprietà del padre, lasciandola al fratello, per vivere su un barcone lungo il fiume, per cavalcare libero e per suonare la sua fisarmonica. Libero anche di amare una maliziosa zingara rubagalline (letteralmente…), Zita, che lo affascina (l’attrice è Genica Athanasiou che era moglie di Antonin Artaud e poi sarà sposa dello stesso Gremillon) e di battersi per lei.
La morte del fratello lo costringe però a tornare sui suoi passi e a riprendere in mano l’azienda di famiglia. Qui sposa la graziosa figlia di un altro fattore Flora (interpretata da Annabella, al secondo film dopo una bella parte nel Napoleon di Gance e destinata a diventare diva francese fino agli anni ‘50) e si ritrova irregimentato nel ruolo di padrone e marito. Il passato non lo lascerà fino a reincontrare Zita che lo snobba e diventerà per lui un’ulteriore prigione, mentale stavolta. Sarà per lui un’ossessione. Nonostante la grazia e la dolcezza di Flora, Maldone diventa sempre più irritabile e scontroso fino a non poterne più, reindossare gli abiti del cavaliere selvaggio e fuggire a rotta di collo sul suo destriero per le piane fluviali.
L’inquietudine, le ossessioni, la voglia cieca di libertà vengono rappresentate da Gremillon con sovraimpressioni e flasback che ne rappresentano i rovelli interiori in perfetto stile impressionista ma il regista gestisce magistralmente anche il montaggio rapido epsteiniano. Il clou dell’arte registica lo raggiunge nella lunga sequenza del ballo in cui Maldone suona la fisarmonica e balla con Zita di cui diventerà geloso per l’impossibilità di frenarne l’espansività. Gremillon prima riprende dall’alto poi si “getta” con la cinepresa in mezzo alla gente dando il senso di un’allegria sfrenata e confusionaria.
Sempre Dominique Paini scrive al riguardo: “La danza è allo stesso tempo un motivo visuale e drammaturgico nell’opera intera del cineasta (compresa quella sonora). E’ per lui l’occasione di mettere i personaggi e le immagini alla prova della rotazione e della vertigine. Ma ugualmente d’installare una sperimentazione formale dove si oppongono la geometria di una sarabanda a spirale e di una folla danzante.”
Il film non contiene product placement.