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CINEMA
12 Febbraio 2025 - 22:03

DIARIO VISIVO (Nuovi o... seminuovi in streaming)

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Generation P; An american haunting; Lupi mannari; Guerra e rivolta; The cave
DIARIO VISIVO (Nuovi o... seminuovi in streaming)

Secondo Nocturno (n.113 gennaio 2012) Generation P (2011) di Victor Ginzburg è un “guilty pleasure”. Lorenzo Bertuzzi che lo recensisce in quella specie di annuario chiamato Incubi&Visioni, a cui per qualche anno la rivista ha dedicato un numero e che ci manca tantissimo, scrive: “Il film di Ginzburg è un interessantissimo pastiche di teorie complottistiche, esoterismo, critica mass mediologica, humour nero e fanta-politica che coglie nel segno con la sua vena iconoclasta senza mai risultare pedante, una specie di Matrix radical-esoterico con zero azione per i nostalgici dell’antiberlusconismo, da vedere”. Io, personalmente, di piacere nel vedere questo film ne ho provato pochissimo. Non che quello che scrive Bertuzzi sia sbagliato, il film è pieno di cose, corrosivo e visivamente cerca una varietà interessante. A me però ha fatto l’effetto che mi facevano i libri di Burroughs, totalmente di rottura, con pagine di altissima poesia del macabro e del miserrimo, ma così difficili da leggere da impedire un vero piacere. Oppure quelle fanzine underground di controcultura che andavo a cercare facendo anche molti chilometri per voglia di leggere opinioni contro il noioso standard della cultura popolare e contro la politica anestetizzata dalle ragnatele democristiane. Correvo a prenderle, poi le trovavo quasi illeggibili, interessantissime dal punto di vista contenutistico ma che non mi facevano provare nessun “pleasure”. Qui la storia del pubblicitario post-comunista che nella Russia moderna si lancia verso il futuro degli spot televisivi verso un capitalismo fatto di esoterismo, poteri occulti, omicidi e… fantascienza è assolutamente originale e, come dicevo, piena di spunti, meditativi, ironici, storici, distopici. Ma il racconto viene condotto con una scelta di soluzioni, ancorché varie, già viste (gli effetti delle droghe, le animazioni, i riti ancestrali, l’angoscioso spettro futurista messo insieme con colori pop) e poco calibrate che appesantiscono il tutto. Insomma, bello ma non ci vivrei… Ciò non toglie che potrebbe essere un problema della mia sensibilità personale, quindi se volete recuperatelo, si trova attualmente su Apple TV (voto 6-). Interessantissimo per il nostro sito, invece, sotto il profilo del product placement. Essendo ambientato nel mondo della pubblicità, ho contato ben 28 brand ma sicuramente qualcuna mi è sfuggita. Naturalmente non si può non citare la Pepsi (la P del titolo a questo si riferisce) che rappresenta una generazione ma che viene contestata da sostenitori della Coca Cola… Tra le varie pubblicità commissionate al protagonista la più presente è la birra Tuborg. Ma vi è di tutto, Mercedes, Harley Davidson, Marlboro, Camel vs. Gitanes, Gap, Snickers e tantissime altre.

L’amico Roberto Curti scriveva su Nocturno n.41 nell’ormai lontano 2005 a proposito di An american haunting (2005) (al momento in cui scrivo disponibile gratis con pubblicità su Pluto TV): “punta il fucile senza troppi complimenti sulle fondamenta del pensiero puritano” e “va ad intaccare nel profondo l’unità stessa del nucleo familiare.” E in effetti, per essere l’ennesimo film di fantasmi & possessioni, ha un finale sorprendente e “problematico” che riporta gli avvenimenti anche alla contemporaneità, rendendoli universali e, ahimé, senza tempo. Peccato che per arrivare a questo finale interessante e sorretto da un Donal Sutherland al solito potente, si debba sorbirsi un’ora (che sembrano tre…) di solite trovate (porte che si aprono da sole, bambine con volto coperto e inquietanti tipo J-horror, apparizioni ectoplasmatiche, possessioni da Esorcista mal digerito…) con una camera a cui il regista Courtney Solomon, che evidentemente a torto si crede un virtuoso, ordina movimenti azzardati, angolazioni insolite e instabilità che fa perdere il punto di vista; il tutto da far venire il mal di testa invece di produrre arte visiva. La storia (naturalmente… tratta da… eventi reali) inizia ai giorni nostri ma poi, tramite un diario ritrovato, ci proietta nel 1818 dove troviamo Sutherland che interpreta un proprietario terriero che ha sfruttato una vecchia contadina; la donna pare essere una strega che, come quella de La bella addormentata nel bosco, per vendetta getta una maledizione su lui e sulla bella figlia (Rachel Hurd-Wood). Tra la disperazione della madre (Sissy Spacek) e di un insegnante a cui la ragazza non è indifferente (il bellone James D’Arcy), nonché redattore del diario ritrovato, le notti della ragazza sono orribili e le scuotono (letteralmente) corpo e mente e pure Sutherland comincia a non sentirsi tanto bene. Basterà contrastare e ripagare la strega? O come dice lei all’uomo: “la maledizione sei tu”? Si scoprirà in effetti che la verità, come ci ricorda Curti, non è così semplice… (voto 5) Film principalmente in costume senza product placement.

Su Netflix gira una commediola fantasy con lupi mannari, giochi di ruolo e superpoteri... Sto parlando di Lupi mannari (2024) del francese François Uzan. Il film utilizza il gioco creato da Hervé Marly e Philippe des Pallieres, Loups-garous, dove i giocatori si dividono in ruoli di abitanti di un villaggio medievale e in lupi mannari. I giocatori devono capire chi sono i lupi e ucciderli. Possono acquisire poteri speciali. Nel film una famiglia ha in casa la scatola del gioco e questa ad un certo punto comincia a vibrare fino a diventare un vero terremoto che catapulta i nostri nel passato, o meglio all’interno del gioco. Scopriranno presto di avere dei poteri, ognuno il suo (invisibilità, possibilità di assumere aspetto altrui, superforza, lettura del pensiero), ma tra loro vi è anche un lupo mannaro… Come nel gioco dovranno scoprire chi sono i lupi e ucciderli, è l’unico modo per tornare alla realtà… ma come fare con il componente della famiglia? Roba banalotta? Ebbene sì, l’ennesima scusa per ambientare un ritorno al passato e giocare con il What if? degli uomini del futuro che si ritrovano a doversi adeguare agli usi del passato. Incontreranno anche Leonardo da Vinci… San Helving nella sua rubrica Vod Bordello su Mad Movies al proposito se la prende con Franck Dubosc (l’interprete principale) con il consueto piglio satirico: “Dubosc combatte ancora e sempre, con la stessa abnegazione, per tirare l’industria cinematografica francese verso abissi insondabili. L’abietto Chien et chat (…) ha irrimediabilmente danneggiato le retine di più di un milione di spettatori, ma la sua collera non conosce limiti. Ora va all’attacco di Netflix, con l’aiuto di un demone aramaico di livello 12 conosciuto anche sotto il patronimico di Jean Reno (…) Lupi mannari d’impadronisce del charme delle rappresentazioni riguardanti lo scarto temporale per non lasciarvi che un campo di rovine, pieno di mine antiuomo per colpire chiunque osasse avventurarvici nei prossimi cinquantanni.” (voto 5+)

“Il popolo che ha combattuto i giapponesi è obbligato a mangiare cadaveri per sfamarsi e i nobili che li hanno accolti mangiano costate di manzo” amare considerazioni sociali dopo la guerra tra i giapponesi invasori e il popolo coreano alla fine del 1500 nel film Guerra e rivolta (2024) visibile su Netflix. Il grande sogno, la grande utopia per cui “tutti gli uomini sono uguali” che siano schiavi, nobili o re, si infrange davanti alla mancanza di riconoscenza dei ricchi, di coloro che detengono il potere e hanno paura di perderlo. Così le truppe popolari che hanno combattuto i giapponesi rischiando la vita, restano a morir di fame dopo la guerra perché al re interessa solo riscostruire il suo costoso palazzo, mentre gli eroi vengono trattati da traditori e uccisi. Parallelamente un nobile, incapace di superare l’esame per entrare nell’esercito, si fa sostituire dal suo schiavo con la promessa di liberarlo per poi, non solo per colpa sua, non farlo… Questo e tanto altro nel film: combattimenti con le spade, città bruciate, sangue e guerra, malintesi fatali, amicizie che vanno in frantumi, duellanti che si perpetuano negli anni, teste e arti tranciati da lame affilate, avidità ed un affascinante triello “leoniano” stemperato nella nebbia. Un film che tramite lo spettacolare genere d’azione storico diventa atto accusatorio delle ingiustizie di classe e della vergogna a cui regolarmente si assiste tra sciacalli e mentitori. (voto 7)

Talmente brutto da stroncare una carriera? The cave, il nascondiglio del diavolo (2005) è il film d’esordio di un promettente regista acclamato nel mondo dei videoclip pubblicitari e assistente sul set di Matrix. Dopo questo esordio di lui non si è saputo più nulla o quasi… Sì in effetti questo tipico thriller-horror ambientato sottoterra in una caverna con fiume (così da alternare riprese subacquee a pareti di grotte spettacolari) è un sottoprodotto mal riuscito del genere ma forse non così tanto da rovinare il pover’uomo. In Romania dei soldati cercano un tesoro sotto una chiesa nei Carpazi ma restano sotto una frana. Trent’anni dopo degli esperti speleologi si ritrovano ad esplorare l’incredibile caverna ma qui si troveranno a fronteggiare delle creature che sembrano degli Alien con ali… Scopriranno una verità sconvolgente e dovranno lottare per salvarsi la vita… Scene di nuoto, di arrampicata, lotta con i mostri, fuga complicata e finale a sorpresa di un’ovvietà e stupidità da far cadere le braccia. Leggo la recensione che Andrea Novarin fece sul Nocturno n. 41 uscito all’epoca in cui lo tratta da “oggetto che mette malinconia, e anche un po’ di nostalgia (…) quasi indifeso, fa tenerezza, e gli appassionati dovrebbero guardarlo come si fa con una cartolina dei tempi che furono” rivangando film di serie B degli anni ’80-’90, ad esempio quelli di produzione Full Moon. Bah. Qui vi è l’aggravante che gli effetti digitali trasformano il minimo di divertimento che vi era nel guardare quei film naif nella noia di dover sopportare la falsità che la loro profusione riversa sullo schermo. (Voto 5) Per lo più marche di abbigliamento subacqueo (Aqualung, Bare, Bodyglove, Diverite…) e Mac Apple nel product placement del film.

Stefano Barbacini

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