L’abbaglio a cui si riferisce Roberto Andò nel suo film uscito quest’anno, è quello che i siciliani hanno preso all’arrivo di Garibaldi credendo che la liberazione dai Borbone portasse ad un cambiamento reale per il paese. Insomma una valutazione pessimista dei risultati del Risorgimento in Sicilia che, con gli occhi di Vincenzo Giordano Orsini, non ha portato miglioramenti alla vita della povera gente e non ha evitato di far crescere la mafia nell’isola. Pur essendo questo il punto principale (visto che così è stato intitolato il film) a cui arrivare con il “senso” del film, l’opera è tutt’altro che monodirezionale, a queste considerazioni si arriva per accenni e nella chiusura situata vent’anni dopo la vicenda.
In realtà il film è diviso in due tra commedia e tragedia di guerra con una struttura che ricorda e richiama La grande guerra di Monicelli. Nel 1860 si prepara la spedizione dei Mille di Garibaldi e Orsini, investito del grado di colonnello e braccio destro dall’eroe dei due mondi, recluta volontari. Tra questi vi sono gli alter-ego di Sordi e Gassman interpretati dal duo Ficarra e Picone (i due sono sempre più bravi ed intelligenti nel scegliere ruoli sì da commedia, ma non per questo creati solo per esaltare la loro comicità, come invece molti altri colleghi “televisivi” fanno finendo spesso in un cul de sac), due cialtroni siciliani immigrati al nord da tempo che colgono l’occasione dell’avventura garibaldina fondamentalmente per avere un “passaggio” gratuito per il ritorno sull’isola. Infatti, giunti in Sicilia, appena possono e appena cominciano le prime scaramucce se la danno a gambe. Finiscono in un convento e qui danno vita alla parte comedy del film.
Nel frattempo le vicende di Orsini (Toni Servillo di cui poco c’è da dire sull’esattezza delle sue interpretazioni) si sviluppano nell’avanzare delle truppe garibaldine verso la conquista di Palermo con vittorie sanguinose e tante vittime. I due filoni del film si riuniscono quando i due disertori vengono recuperati e costretti a partecipare, al comando di Orsini, ad una missione pericolosissima, devono far credere che Garibaldi e il suo seguito ha deviato verso Corleone, allo scopo di farsi inseguire dall’esercito borbonico lasciando strada libera a Garibaldi per entrare, senza opposizione, a Palermo (l’avvenimento è storico). Saranno proprio i due scapestrati, sostituendosi al prete e al sindaco di Sambuca, a salvare la missione, senza spargimenti di sangue, mettendo a rischio la propria vita: da vigliacchi a eroi.
Magistrale il coup de theatre che aggancia L’abbaglio al precedente film di Andò, La stranezza (film con lo stesso trio di interpreti principali), in cui si celebrava il teatro pirandelliano. Un film intelligente che miscela commedia, amarezza e road movie con una bella fotografia di Maurizio Calvesi che replica il buon lavoro fatto su La stranezza e una regia che dosa gli ingredienti senza esagerare mai finendo con un finale ossimorico, ovvero divertentissimo e caustico allo stesso tempo.
(voto 6,5)