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CINEMA
10 Dicembre 2025 - 19:22

FOLLIA E RIBELLIONE ROCK

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Die my love (Lynne Ramsay, USA-UK-CAN, 2025)
FOLLIA E RIBELLIONE ROCK

Identificazione di una donna con crisi e analisi della psiche di una donna come amava fare Antonioni; scollamento dalla realtà, ribellione alla noia della società convenzionale. Die my love di Lynne Ramsay è qualcosa di più dello studio di una madre in depressione postparto, è un film che utilizza la follia come atto di rivolta. Ad un certo punto la protagonista Grace (una Jennifer Lawrence per cui l’aggettivo bravissima è restrittivo: Jennifer Lawrence riempie il film di sé stessa, del suo corpo, della sua energia autodistruttiva) dirà “non ce la faccio…” riferendosi al far finta di avere una vita normale idilliaca di coppia, un matrimonio con i parenti che sorridono e parlano di figli e tran tran quotidiano (come “quel tale che era così allegro e felice” “ed è morto suicida”). E Lynne Ramsay, a sua volta, non ce la fa a darci un film normale, un film mainstream nonostante i protagonisti siano delle star (oltre alla Lawrence vi è anche Robert Patterson nel ruolo del compagno) e così si ritrova a lavorare troppo poco.

Die my love è un film rock e non solo per via della colonna sonora (David Bowie, Elvis Presley, Cream, Nick Lowe, Eels…) in alcuni momenti sparata a mille, è un film rock per il modo in cui utilizza la forma cinematografica indipendente in modo sfrontato e volutamente esagerato, tutto strattoni ed ellissi, fregandosene della temporalità della narrazione. Anche la creazione delle immagini che imprigionano Grace dentro la casa isolata in mezzo alla campagna come fosse il nido dove rinchiudersi, arrotolata dentro la propria psiche e la propria sessualità frustrata, è ben studiata con colori saturi (predominanza del blu), mentre la vastità dell’esterno, che fa paura, perché Grace ha paura della socialità (“ma cosa parli, cos’è tutto questo bla, bla, bla…”) e del perdersi senza punti di riferimento, è ripresa con un grandangolo esasperato che distorce la visione sotto cieli lividi.

Vi è un’immagine significativa nella sua semplicità e quasi kitsch, ma di bellezza simbolica e che dimostra la sfrontatezza della regista, è quella della Lawrence che estrae gocce di latte dal suo seno matronale che si vanno a mischiare a macchie d’inchiostro nero… la maternità che sprofonda nel buco nero della follia, come rappresentarlo meglio? Il film è così, prendere o lasciare, chi vi ha trovato esibizionismo pacchiano e sfrontato ha ragione, peccato che lo veda in negativo. L’esibizionismo pacchiano e sfrontato è il cinema, se no ci meritiamo i Diamanti di Ozpetek (con il suo aspetto da telenovela) e ci dobbiamo rassegnare ad esaltare un cinema sociale e autoriale come Io sono ancora qui (bellissimo film contenutisticamente e politicamente ma di piattezza rara…). Ma personalmente io amo il cinema che osa, il cinema che rompe. Immagini come il corpo “rinascimentale” della Lawrence che avanza nudo lungo un corridoio o in un bosco infuocato, lei che lecca il vetro come farebbe una protagonista di Antonioni (ancora…), lei che vola attraverso una finestra chiusa in un atto di follia che potrebbe appartenere a Una moglie di Cassavetes: saranno eccessive e volutamente sfacciate ma ce ne ricorderemo nel nostro angolo voyeuristico (e quindi di famelici consumatori di cinema) più di qualsiasi piano dei film prima citati (che sono solo esempi ma la maggior parte del cinema odierno, di valore o meno che sia, è anestetizzato) e vi è più onesta psicologia femminile in una sola di queste scene che in tutto il film di Ozpetek. Ma i riferimenti non sono solo “alti”, potrei citare una Grace che si aggira accovacciata come una pantera riproponendo l’assioma donna-pantera-follia come ne Il bacio della pantera, oppure la scena podofila che ricorda Tarantino, c’è anche un’inquadratura di lei che va in bici da dietro con la sottana che si alza che sembra un omaggio a… Monella di Tinto Brass!

Ancora una volta è una regista donna ad osare a riportare la sessualità femminile senza censure sul grande schermo, come ho già scritto più volte, e di questo non possiamo che rallegrarcene. Qui la donna si arma di fucili e coltellacci, appendici falliche rubate al maschio. Un bellissimo film che giustamente crea divisioni tra la critica ma ha la benedizione di Martin Scorsese (che coproduce) e dei grandi vecchi Nick Nolte e Sissy Spacek, tutta gente che ha navigato nel mainstream ma non ha mai disdegnato il cinema diverso, indipendente. (Voto 7,5)

Product placement in evidenza è quello della Budweiser spesso in mano ai protagonisti così come le Schecker indossate da Nolte, ma all’interno di un drugstore c’è spazio anche per i Munchies, per le patatine Deep Raver e la Coca Cola. Per finire tute Adidas e una Toyota.

STEFANO BARBACINI

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