Partendo dai 400 corpi di Russ Meyer di ghezziana memoria, fermandosi per la miglior carne del Texas al Bone Shack di Planet Terror e attraversando il west del Django tarantiniano, i registi Johannes Hartmann e Sandro Klopfstein ci portano in una Svizzera distopica in cui il formaggio è un monopolio di stato e gli intolleranti al lattosio sono nemici del popolo.
Heidi (Alice Lucy, Dirty Boy) non è più una bambina dolce e spensierata, ma una giovane ragazza che ha una relazione con Peter il pastore (Kel Matsena). Il nonno Alpohi (David Schofield, Il Gladiatore) prova a metterla in guardia sull’affidabilità del fidanzato, ma quando l’esercito sorprende Peter mentre vende formaggio e lo giustizia in piazza, Heidi viene imprigionata e giura vendetta contro la “padre-patria” governata dal tirannico Meili (Casper Van Dien, Starship Troopers).
Sangue, torture, morti esagerate, personaggi totalmente sadici e fuori di testa… Mad Heidi ricicla canoni già visti e li inserisce in un contesto inedito e dissacrante.
La Svizzera totalitarista è tanto violenta quanto grottesca: Hartman e Klopfstein abbinano elementi del folklore elvetico alle cifre stilistiche dei film di exploitation, creando un connubio sorprendentemente funzionante. Meili è un feroce e sadico dittatore, ma ha ottenuto il potere attraverso la produzione e il monopolio del formaggio. Peter è si un pastore, ma il suo aspetto da “pappone” suggerisce che il suo gregge non sia di pecore. L’assenzio diventa un elisir capace di risvegliare lo spirito vendicativo della Svizzera e la fonduta di formaggio sostituisce l’acqua per la terribile pratica del waterboarding.
Heidi è tanto una pussycat quanto Beatrix Kiddo: irriverente, vendicativa e assetata di sangue. A tal proposito, la scena dell’addestramento -con tanto di katana- è un chiaro omaggio a quella di Kill Bill Vol. 2.
Trovano spazio anche il resto dei personaggi della controparte letteraria: il già citato nonno è un ex-rivoluzionario con una benda sull’occhio che vive sulle alpi, Klara (Almar G. Sato, Letters to Paul Morrissey) è la compagna di cella di Heidi e la signorina Rottenmeier, qui chiamata Rottweiler, (Katja Kolm) è la direttrice del carcere. Personaggio inedito il comandante Knorr (Max Rüdlinger), il perverso e spietato capo delle guardie.
Registicamente sono frequenti zoom uniti a inquadrature sghembe, che, se unite ad una colonna sonora che flirta continuamente con il western, non può non ricordare il già citato Django Unchained. Nota di merito per la scenografia, ricca di elementi che contribuiscono a creare ambienti realistici e invitano lo spettatore a cercare quanti più dettagli possibile (come i diplomi degli aguzzini del carcere o le locandine propagandistiche di Meili).
Il difetto principale del film è sicuramente il ritmo. Quello che dovrebbe essere il punto di svolta della trama arriva negli ultimi 20 minuti, rendendo dunque il finale molto sbrigativo e, di conseguenza, la prima parte eccessivamente lunga. Optare per qualche taglio sia nell’introduzione sia nella parte centrale avrebbe giovato sicuramente ad una terza parte fin troppo frettolosa.
Anche i combattimenti corpo a corpo, i quali acquisiscono sempre più importanza con il procedere della trama, lasciano parecchio a desiderare: lenti, macchinosi e coreografati in modo grossolano, vengono ulteriormente esposti da una regia ed un montaggio che rallentano l’azione anziché conferire un ritmo incalzante.
In conclusione, Mad Heidi è certamente una pellicola valida. La scelta di ambientare una trama così esagerata nel paese in cui calma e pace regnano sovrane è azzeccata. I richiami a film e generi ben più blasonati sono evidenti, ma non sconfinano nel territorio del plagio. Se si è appassionati di film in cui l’esagerazione è il fulcro di ogni scena, questa Heidi ben poco neutrale fa al caso vostro.