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CINEMA
7 Dicembre 2025 - 20:52

DIARIO VISIVO (Vecchia Hollywood)

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Man of two worlds; Perdutamente tua
DIARIO VISIVO (Vecchia Hollywood)

J. Walter Ruben è stato uno sceneggiatore e regista di film a basso budget hollywoodiani, molto prolifico negli anni Trenta del Novecento (una ventina di film portano la sua regia in quel decennio) che ha diretto alcune opere di buon interesse. Una di queste è Man of two worlds (1934), un film ambientato per buona parte in una Groenlandia ricostruita negli studi della RKO e che vede protagonista il cacciatore eschimese Aigo appena sposatosi con la bella Guninana e in attesa di un figlio. Nel villaggio dove vive arrivano due esploratori inglesi che hanno l’obbiettivo di catturare animali esotici per portarli in Europa. Per far questo ingaggiano Aigo dietro il compenso di… uno specchio. Aigo lascia il villaggio e si imbarca con i due uomini per compiere la caccia. Mentre vive con loro comincia ad apprendere usi e lingua dei “bianchi” e si infatua di una donna vista in fotografia (la figlia del capospedizione). Alla fine della spedizione chiede di non tornare alla sua terra ma di raggiungere l’Inghilterra per conoscere la donna sofisticata della foto. Giunto in abiti borghesi tra i “civilizzati” viene trattato come una bestia rara da esibire e ingannato dalla donna di cui si è innamorato, che gli fa credere di volergli bene fino a quando Aigo non cerca di avere… qualcosa di più. Ricacciato come pericoloso nella sua terra, si ritrova ad essere uomo di due mondi che non trova più posto né nell’uno, né nell’altro. Rischia di morire ma poi ritrova la sua vita quando incontra il figlioletto al villaggio. Il film è godibile con la sua miscela di argomenti che ritroveremo poi in film come Ombre bianche di Nicholas Ray o ne Il ragazzo selvaggio di Truffaut e con uno sguardo al Nanook di Flaherty. Gli attori principali sono tutti europei emigrati negli Stati Uniti, lo è Francis Lederer (Aigo) di origini austriache così come Elissa Landi (l’amata da Aigo), nata a Venezia ma se dicente discendente di nobili austriaci, lo è anche Steffi Duna ungherese come Bela Lugosi che qui interpreta l’esotica Guninana. Il film affronta con uno sguardo hollywoodiano (quindi non troppo sofisticato) quegli argomenti che questo tipo di film di solito affronta, lo spaesamento del “selvaggio” di fronte al mondo moderno, la supponenza di superiorità coloniale degli europei, la scoperta da parte dell’emigrato alla disonestà intellettuale di una società che viene scalfita dalla sua ingenua rettitudine. Un film che ho recuperato da una vecchia vhs e che era stato trasmesso dalla ahimé defunta Cineclassics, che gioiellini del genere era d’uso recuperare. (voto 6,5)

Un film come Perdutamente tua (1942) andrebbe visto anche soltanto per l’interpretazione di una Bette Davis grandissima, capace di trasformarsi in una zitella maltenuta, una specie di gufo depresso, per poi trasformarsi in un’elegante e sostenuta donna moderna, passando per un flashback in cui interpreta una giovinetta ai primi richiami sessuali. Che attrice! Il film è un melodramma psicologico in cui una donna, appunto la Davis, la cui vita viene continuamente castrata da una madre “vittoriana” ed è costretta a vivere rinchiusa in una casa fredda quanto enorme, imponente quanto impersonale, fino all’esaurimento nervoso. Qui interviene Claude Rains che interpreta “il miglior psichiatra d’America” e la prende con sé nella sua struttura dove piano piano riesce a trasformarla in una donna libera consigliandole una crociera nel Sudamerica. Qui incontra Paul Henreid, gentile e fascinoso ma sposato con due figlie. I due si innamorano “perdutamente” ma il loro amore non può avere futuro perché lui non può lasciare la moglie ammalata. Nel frattempo una delle figlie dell’uomo si scopre essere una complessata come era in passato il personaggio della Davis, rifiutata dalla madre naturale che non la voleva. La Davis consiglia di farla ricoverare presso la struttura del suo stesso psicologo e diventa per lei come una madre rendendola felice. “Curerò io tua figlia così sarà come fosse “nostra” figlia” dice lei all’amato che non può più amare… Irving Rapper, specializzatosi in melodrammi, nella sua carriera piuttosto media avrà alcune punte qualitative una delle quali è proprio questo film che, tra l’altro, sembra non risentire troppo dei dogmi dettati dal codice Hays dato che parla piuttosto scopertamente di ribellione ai genitori, malattia mentale, indipendenza femminile anche sessuale e adulterio, mentre nei dialoghi quando si parla di “fare all’amore” vuol dire proprio quello e un atto d’amore è quello di fumarsi una sigaretta insieme… “Una sceneggiatura fondamentalmente insipida riesce a tenere, eccome, grazie alla magia delle sue star, tutte al loro meglio” scrive Halliwell. “Uno dei più straordinari melodrammi psicologici mai realizzati in Hollywood (…) Impressionante la metamorfosi della Davis, da Cenerentola semifolle e sciatta a primadonna sofisticata ma sempre nevrotica” (Mereghetti). “Film così, oggi, non sanno farli più, e non soltanto perché attori con quel carisma non ne esistono più in circolazione. L’assurdo e il sublime vanno a braccetto.” (Morandini) (voto 7)

STEFANO BARBACINI

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