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CINEMA
4 Novembre 2025 - 19:40

SPECIALE JESUS FRANCO

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Altri cinque film degli inizi anni '80
SPECIALE JESUS FRANCO

Nel 1983 la pornografia invadeva gli schermi cinematografici e le videoteche e anche Jesus Franco supera la linea tra soft e hard. Ad esempio Confesiones intimas de una exhibicionista è praticamente un film porno ma girato per lo più soft. Le scene hard, che ci sono sia etero che lesbo, sono ancora minimali. La storia è quella di Candy (Lina Romay), una voyeuse disposta a sperimentare vari rapporti sessuali, anche incestuosi con la sorella Pepi (Juana de la Morena), che si innamora di Kathy (Elisa Vela), una esibizionista porno che la trascina in un threesome con il marito e poi sul palco con lei. Il film nel suo incedere erotico e sessuale e poco più, ha però una visione dell’exploitation sessuale in un certo senso femminile (forse per questo il film è firmato Candy Coster, nickname artistico di Lina Romay) con rapporti virati molto sul piacere femminile, sui baci, sulle lingue, sulle vagine. E’ anche un inno al sesso libero, al piacere sessuale senza sovrastrutture con un doppio finale: uno drammatico forse per la volontà di Franco di mettervi qualcosa dei suoi generi preferiti, ed uno metateatrale in cui tutta la vicenda sembra essere una rappresentazione teatrale con tutti i protagonisti nudi che raccolgono gli applausi. (voto 5+)

Una rajita para dos (1984) è invece un hardcore a tutti gli effetti. Riprendendo ancora dal suo personale sacco dei ricordi, Franco imbastisce una trama sulla traccia del suo secondo film, Labios Rojos del 1960 in cui due donne detective molto attraenti diventano spogliarelliste per rintracciare un diamante rubato. In questo caso le investigatrici sono tre e sono disposte (e felici di farlo) ad andare a letto con tutti i clienti di un hotel per scoprire quale di loro ha un microfilm nascosto… nel retto. E’ a tutti gli effetti una pornocommedia, come se ne facevano al tempo della golden age of porn, sulla falsariga dei film di Bob Chin con John Holmes, in cui Jesus Franco diventa voyeur e cuckold a tutti gli effetti (Lina Romay non si fa scrupolo a girare scene hard anche piuttosto… impegnative). Alcuni passaggi sono spudoratamente divertenti, come l’inizio in cui viene insegnato in dettaglio come si può inserire un microfilm nella vagina o come la scena in cui due uomini che stanno subendo un blow job doppio da due delle protagoniste parlano fra di loro di calcio, è meglio Maradona o Paolo Rossi? Insomma, porno ma senza prendersi troppo sul serio. (voto 5,5)

Successivamente (secondo la cronologia che sto seguendo che è quello tratta da Jess Franco, El sexo del horror di Carlos Aguilar) Franco torna al genere prediletto, l’horror sexy. In realtà La mansion de los muertos vivientes è del 1982 quindi probabilmente precedente ai due citati in questo articolo che per Aguilar sono sempre del 1982. Ma orizzontarsi cronologicamente nella filmografia frankenstein di Franco è praticamente impossibile. Questa volta il riferimento del regista è sì il proprio cinema ma anche quello di Armando de Ossorio, infatti vi appaiono dei monaci zombie che in qualche modo rievocano i resuscitati ciechi che hanno reso famoso nel genere il compatriota regista. Quattro ragazze di Monaco (in realtà le latine di lingua spagnola Lina Romay, Mari Carmen Nieto, Mabel Escano e Elisa Vela) sono state truffate da un’agenzia viaggi che ha prenotato loro, a prezzo bassissimo, una vacanza in Gran Canaria. Arrivate in loco si troveranno ad alloggiare in un hotel (l’hotel è il Tropical ringraziato nei titoli di testa e unico product placement del film) in cui pare non esservi nessun cliente. Vi è solo un gestore decisamente ambiguo (l’ennesima apparizione di Antonio Mayans nei film di Franco) e un inserviente pazzo che nega loro qualsiasi servizio, insultandole anzi. Rapporti lesbici, girovagare nude per i lunghi e inquietanti corridoi dell’hotel e sulla spiaggia in cui sono le sole villeggianti, sembrano essere le uniche attività da fare. Fino a che non si scopre che Mayans non è altri che un non-morto, appartenente al convento in cui vi si trovano i già citati monaci, con il compito di portare a loro giovani donne per essere violentate e uccise. Vi è dietro una maledizione dagli anni dell’inquisizione, il personaggio di Mayans si chiama Savonarola… Film girato con la mano sinistra che acquista un qualche valore visivo quando Franco si ricorda di saper creare inquietudine malsana e qualche trovata delirante. Mi riferisco ad esempio alla donna che Savonarola tiene legata ad un letto in schiavitù, in un rapporto di amore-odio sadiano (Eva Leon sempre nuda, come le altre, interpreta la vittima) e alla trasformazione di Lina Romay (che per il resto del film fa quello che più le piace su un set, ovvero avere rapporti lesbici con le altre attrici…) in una demoniaca assassina (inquadrature evocative, recitazione trasformata in donna maledetta). (voto 5,5)

Si poteva immaginare, visto il rincorrere le mode del cinema di genere che va per la maggiore da parte sua, che anche Jesus Franco si buttasse su quello che alla metà degli anni Settanta era il genere più di successo, ovvero il cinema di arti marziali e di Bruce Lee; ma si resta comunque interdetti nel vedere come il regista nel suo La sombra del judoka contra el doctor Wong (1985) compia un’operazione mistificatoria come non mai, incollando pezzi di pellicola di film di Hong Kong (addirittura un personaggio, Tsai Chin, è interpretato a sua insaputa dalla star taiwanese Polly Ling-feng Shang-Kuan senza che abbia mai messo piede sul set… mostrata solo con immagini di archivio), si inventa un interprete “cinese”, che di cinese non ha nulla, José Llamas, già visto in altre produzioni di Franco, che presenta con il nome d’arte… Bruce Lyn!, mischia atmosfere da Fu Manchu (il dr. Wong ne è una specie di alter ego ed è interpretato dallo stesso Jesus Franco con accento grottescamente cinese, più che una parentesi divertente sembra una presa per i fondelli… per lo spettatore) a trame spionistiche (con improbabili agenti CIA incarnati da Lina Romay e Daniel Katz), combattimenti di kung-fu (quasi tutti da sequenze di altri film) ad un po’ di ironia e un po’ di erotismo (grazie alla femme fatale Honey eyes interpretata dalla bellissima Mari Carmen Nieto, ormai consueta nel cast del regista, che ricorda con il suo naso dritto e i suoi occhi penetranti tipo Callas, l’altrettanto stupenda Helga Liné, attrice di origini tedesche ma abituale interprete di cinema di genere italiano). Il tutto risulta essere un’accozzaglia di immagini di cui si fa fatica a capire il senso che sarebbe desolante se non fosse però l’ennesima prova di come il regista spagnolo riuscisse a completare opere improbabili con in mano nulla… (voto 4/5) Su tutto il film aleggia una pubblicità della Sanyo che deve aver contribuito a riempire il misero budget del film come product placement.

“E’ giusto riconoscere che (…) anche nell’ambito di questa fase caotica e antiestetica (della carriera di Franco ndr) esistano pellicole oggettivamente apprezzabili. Tra queste, si distingue una produzione personale, Camino solitario (1983) - un vecchio progetto che Franco aveva pensato di girare con Mark Damon e l’indimenticabile Marisa Mell – dove Mayans impersona il più umano dei Pereira, in una storia che fa rivivere gradevolmente, sebbene senza ritmo né forza, l’ammirazione dell’autore per Orson Welles” così parla del film successivo Carlos Aguilar. Vero che in quest’opera noir Franco limita gli excursus erotici (non che non ce ne siano…) e va più sul classico con la storia di due sorelle non gemelle ma comunque uguali di aspetto (interpretate entrambe da Lina Romay), più Sisters di De Palma il riferimento a mio parere che non Welles, ma quando Aguilar parla di mancanza di ritmo e forza coglie nel segno. Seppur vi è la parentesi amarognola e affettiva della figlia del detective (quel Pereira che ogni tanto il regista riesuma) protagonista della storia (sempre Mayans), il resto della trama (Pereira è ingaggiato da Eva per trovare la sorella Adriana che se ne è andata di casa; una volta trovata e riportata a Eva e al marito obeso e ammalato, ma ricco, Adriana si sostituisce alla sorella cominciando ad eliminare tutti gli ostacoli per diventare l’erede del cognato, nel gioco coinvolge Pereira che cede alle sue attenzioni sessuali e si fa turlupinare) è portato avanti con scarso afflato e in modo molto standardizzato che fa rimpiangere le bizzarrie di film precedenti magari più insignificanti. Inoltre la Romay non ha certo le capacità di apparire come una femme fatale seducente (meglio come malefica perversa) e mi aggancio ancora ad uno scritto dell’esegeta franchiano Aguilar: “Tutti questi sottoprodotti risentirono in maniera particolare di una convinzione di Franco davvero pretenziosa e soprattutto sbagliata: ritenere che la sua Lina Romay fosse capace di interpretare i generi più diversi, come se i numerosi registri tipologici del cinema fossero la stessa cosa delle differenti pratiche sessuali” (voto 5,5)

Le citazioni di Carlos Aguilar sono prese da Bizarre Sinema!, Jess Franco, El sexo del horror, Glittering Images

STEFANO BARBACINI

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