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CINEMA
3 Febbraio 2025 - 20:32

IL PORNO SUL MAC E L'AMANTE IN TUTA NIKE

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Babygirl (Halina Reijn, NL/USA, 2024)
IL PORNO SUL MAC E L'AMANTE IN TUTA NIKE

Sono ancora le donne a riportare al cinema mainstream il sesso. Sembra di essere tornati in parte agli anni ’80-’90 quando pellicole sessualmente spinte riuscivano a incassare e non facevano troppo scalpore dal punto di vista moralistico. Poi negli anni duemila tutto si è arenato, anzi vi è stato quasi un rifiuto da parte degli spettatori, se non di guardarli, di giudicare positivamente film dove vi è troppo sesso. Tutto ciò a causa del moralismo di riporto (nel senso che ci riporta agli anni Cinquanta del Novecento) che vede da destra il ritorno ad un conservatorismo e un bigottismo insopportabili e da sinistra il proliferare della cultura woke che, con tutte le buone intenzioni, sbaglia completamente il proprio obbiettivo (che sarebbe quello di difendere donne e minoranze dagli sproloqui offensivi) perché estremizzando crea una vera e propria censura o autocensura bloccando di fatto la libertà di espressione. E allora proprio le donne arrivano a “salvarci” dall’azzeramento del cinema voyeuristico (e che altro è il cinema?) per quanto riguarda nudità e parole sessualmente esplicite. Dopo la Substance della francese Coralie Fargeat, miracolosamente ancora sugli schermi, ecco arrivare Babygirl dell’olandese Halina Reijn, forse che questa nuova libertà carnale sia appannaggio di donne europee? Assolutamente no perché sono due icone americane, attive proprio negli ultimi decenni del Novecento, a prestarsi con i loro corpi, ancora bellissimi ma decisamente segnati dall’età, senza vergogna a queste avventure erotiche, ovvero Demi Moore e Nicole Kidman. Probabilmente più coraggiose di molte giovani attrici segnate dal fracasso del Me Too.

Il film parla della liberazione della donna grazie alla conoscenza della propria sessualità, anche quella più oscura, recondita ed inconfessabile. Inizia con un rapporto sessuale col marito Jacob (Antonio Banderas) senza orgasmo (la protagonista Romy “finisce” da sola per riuscire a godere) e finisce con un rapporto soddisfacente proprio perché nel mezzo, tra questi due atti sessuali, vi sta una consapevolezza personale ritrovata. Romy è una donna in carriera, una donna di potere economico che vive con il marito regista teatrale e con le due amate figlie. Abbiamo già detto del problema di coppia (che solo lei subisce) e allora quando la donna incontra lo stagista Samuel (Harris Dickinson), molto più giovane di lei e che la attrae sensualmente, inizia un rapporto sessuale ma anche di ribaltamento di potere (sadomasochistico con lui padrone e lei sottomessa) che la porta a quella conoscenza di se stessa di cui si diceva.

L’impossibilità di manifestare i propri desideri inconfessati a causa di convenzioni sociali e famigliari causa mostri (parafrasando Goya). Sarà proprio una donna, ovvero la figlia lesbica maggiore di Romy a capirla “va tutto bene mamma”, mentre i due uomini, marito e amante non sanno far altro che picchiarsi. Il marito addirittura, che essendo artista dovrebbe essere decisamente più ricettivo, la caccia rabbiosamente di casa incapace di capire quello che lei gli sta dicendo.

Un film da molti punti di vista interessante ma che ha anche qualche punto debole. Qualche banalizzazione per fare un po’ di ironia fuori luogo e uno stile ondivago, senza una “firma” decisa da parte della regista. Nicole Kidman mostruosa di bravura e coraggio, come la Moore di The Substance d’altronde… (voto 6+)

La Kidman costruisce robot per automazioni ed usa tecnologia Kuecker. Con il PC Mac Apple fa un po' di tutto, relazioni, video, voyeurismo... lo yogurt Nancy's sembra preludio al bicchiere di latte che è l'inizio della sottomissione, l'amante aguzzino indossa una tuta Nike, un'insegna H&M brilla su di un grattacielo e la Kawasaki viene citata. Questo il product placement nel film.

Stefano Barbacini

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