Se Un confine incerto di Isabella Sandri è stato inserito nella sezione "afterhours" del Torino Film Festival 2019 è a causa del suo argomento molto forte e pericoloso da trattare (praticamente irrappresentabile con le immagini e difficile anche narrativamente) che è il tema della pedofilia, ma anche perchè alla fine è un film di genere dato che si tratta di un poliziesco con una poliziotta della postale sulle tracce di un pedofilo, appunto, che anni prima ha rapito una bambina di 5 anni e che ora ne ha un paio di più.
Ma dalla coppia Sandri-Gaudino, compagni nella vita e autori di documentari apprezzatissimi e problematici, non ci si poteva certo aspettare un semplice poliziesco da prima serata tv. Infatti se la traccia diegetica è quella che ho detto, bisogna dire intanto che la poliziotta è un'immigrata di origini romene che in passato non è riuscita a difendere un'amica che deve aver subito una violenza simile a quella della bambina ricercata ed è ossessionata dal suo lavoro al punto di non avere più una sua vita e passa praticamente tutto il suo tempo su internet a cercare di agganciare pedofili con falsi profili; poi che vi è un lavoro interessante che documenta il mondo che gira attorno a quello che è diventato un sordido affare per la delinquenza (smercio di filmini osceni, rapimento di bambini, compravendita degli stessi) e, soprattutto, vi è la complicazione che nella storia di Un confine incerto (il titolo è piuttosto chiaro in questo senso) la bambina subisce violenza (drogata e sfruttata dal rapitore) ma in una sorta di sindrome di Stoccolma o di plagio di minorenne che si voglia si trova meglio ad andare in giro sul camper dell'uomo che alla fine la fa divertire e la tratta bene che non con la famiglia a cui è stata sottratta tutta litigi e mancanza di attenzioni.
Capite bene quanto sia difficile e pericoloso riuscire a parlare di un argomento simile facendo una scelta di questo tipo eppure la regista riesce benissimo a restare in equilibrio su questo filo teso senza mai cadere e lo fa pure con una notevole capacità rappresentativa inserendo i personaggi in maniera lirica nel paesaggio (il camper fugge tra i monti partendo dalle zone ladine dell'Italia fino alla Germania e poi in Romania) e senza mai perdere una certa grazia formale.
Riesce a raccontarci quella che alla fine è una terribile storia d'amore e una storia di deviazioni e violenza ma squarcia anche un velo sulla complessità dei comportamenti umani. Un film difficile e scomodo.
Il camper è un Fiat, il product placement del Mac Apple non vuole essere evidente dato che la "mela" è sempre mimetizzata con adesivi o ombre, tute Adidas e Volkswagen completano le brand presenti.