Crisi esistenziale di un androide ma pure amara indagine sulle solitudini umane e sulla difficoltà di accettare la perdita delle persone amate.
In the trouble with being born dell’austriaca Sandra Wollner visto online nell’edizione 2020 del Science plus fiction di Trieste un’androide con le fattezze della figlia minorenne di un uomo che ne piange la sparizione si ritrova a dover assecondare i bisogni di un “padre umano” senza la possibilità di avere una vita propria. Accetta di passare il tempo con lui, di andare a letto con lui (e molti vi hanno visto derive pedofile che in realtà restano solo accennate), di soddisfarne la necessità di riavere l’affetto andato perduto, costretta a farselo piacere o perlomeno far credere a lui che le fa piacere. Un giorno in cui rimembranze di quanto è successo alla bambina di cui è succedanea la turbano, ha l’impulso di andarsene come accadde a lei. Viene raccolta da un vecchio autista che la porta a casa di un’anziana che a sua volta piange un fratello morto molti anni prima. A questo punto il nostro androide diventa l’immagine di quest’ultimo e il suo “utilizzo” sarà sempre quello, riempire una solitudine, ridare un simulacro di ciò che è stato perso.
La regista Wollner proviene dal campo sperimentale dove documentario e fiction si intersecano e i legami famigliari e il passato sono gli argomenti che predilige. Qui innesta una parte fantascientifica per parlare comunque di quello. Lo fa con “andamento lento” poche parole, immagini scure di una foresta reale e metaforica al tempo stesso e, bisogna dirlo, senza la capacità di catturare lo spettatore che segue il film come si segue un saggio filosofico senza parteciparvi attivamente. Le riprese scorrono con pochi dialoghi ma anche poca empatia con i personaggi. Presentato come film dalle immagini forti in realtà contiene solamente un nudo alla David Hamilton della ragazzina interpretata da Lena Watson “moralmente” permessa perché in teoria si tratta di un androide…
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