Con Malizia Salvatore Samperi segna un’epoca. Gli anni ’70 e la “famigerata” commedia erotica italiana hanno trovato la linea guida e il titolo da citare dai posteri.
Il film non sarebbe probabilmente lo stesso senza Laura Antonelli al suo meglio. L’erotismo che emana da ogni centimetro di pelle non è neppure paragonabile alle algide e perfette bellezze del cinema erotico odierno. La scena in cui ci concede uno spogliarello sul letto osservata da due giovanissimi voyeur è ad alto tasso onanistico più di tutti i softcore del Playboy Channel messi assieme.
Come si è capito la carica di erotismo antiborghese dell’esordio di Samperi, Grazie zia, qui trova alloggio solo marginalmente, il film principalmente ha lo scopo di vendere sesso maladolescenziale.
Trattasi della formazione adolescenziale di Alessandro Momo (famoso per sempre grazie a Malizia e al successivo Peccati veniali poi purtroppo vittima di un incidente stradale mortale a soli 17 anni) nei panni di Nino, secondogenito del ricco e anziano siciliano Ignazio che resta vedovo ad inizio film e solo a dover badare ai tre masculi che ha per figli. Giunge però a sorpresa la bellissima Angela (Antonelli) a presentarsi come angelo della casa apparentemente mandata dalla moglie prima della dipartita per le pulizie di casa e per pensar alla cena. Ma il capofamiglia e i due figli più grandi hanno altri pensieri per la testa, quelli che anche lo spettatore maschio si fa subito… Alla fine Ignazio la impalmerà ma sarà il giovane Nino ad assaporarne le grazie per primo e di nascosto dopo un lungo avvicinamento fatto di giochi erotici, seduzioni ed infine svezzamento (di lui).
Quando parlavo di marginalità delle tendenze “sessantottine” del primo film intendevo che comunque restano residui di spirito antiborghese dato che Angela ha come scopo il farsi sposare da Ignazio (“proprio adesso che stavo per mettermi a posto”) e Nino ne approfitta per sfruttare la sua differenza di classe per vessarla e costringerla a sottomettersi a lui. Ad esempio la scena della carta gettata a terra è di una violenza psicologica notevole e così quella durante il temporale in cui l’Antonelli è costretta a spogliarsi dal ragazzino in una scena quasi psichedelica. Poi ovviamente l’ipocrita matrimonio finale.
E’ chiaro che tutto ciò non è lo scopo principale della macchina cinematografica samperiana che è più impegnata a moltiplicare le inquadrature (diventate mitiche) da sotto la gonna.
Aiutato dai professionisti Turi Ferro, Pino Caruso e Angela Luce, il regista riesce a completare un film che inventa un genere e ha come punto debole solamente la parte “umoristica” in cui gli habitué del comico pecoreccio Stefano Amato e Gianluigi Chirizzi anticipano le “pierinate” che verranno.
“Quello che maggiormente contraddistingue Malizia (…) è la sua particolare freschezza, la leggerezza con cui riesce ad affrontare i temi dell’amore, della sensualità e del possesso. Senza mai cadere nel cattivo gusto o nella banalità (…) con il gusto così intenso del peccato e del suo profumo.” Così Bruschini e Tentori nel loro libro dedicato al cinema erotico italiano che proprio dal film in questione prende il titolo (Malizia perverse della Granata Press, 1993).
“C’è tutto o quasi. Il Sud, l’amore ancillare, il vecchio libidinoso, i ragazzi che si masturbano nel vedere le donne nude di nascosto, gli amici ciccioni, i personaggi di contorno”. “Il modello per decine e decine di film a venire”. Così invece il Giusti sul suo Stracult (Sperling & Kupfler, 1999).
“Gli spunti di satira sociale lasciano il tempo che trovano. All’epoca, scalpore grandi incassi e un’improvvisa notorietà per la Antonelli”. Così lo liquida invece il Mereghetti con un asterisco e mezzo appena.
Product placement inesistente se si eccettua un Johnny Walker intuito dietro una mano che ne nasconde l’etichetta e il quotidiano La Sicilia che, più che altro, serve a contestualizzare il film.