Quasi un instant movie sulla questione israeliano palestinese, The teacher, film presentato fuori concorso al Torino Film Festival 2025, della regista esordiente anglo-palestinese Farah Nebulsi. Ispirandosi ad avvenimenti realmente accaduti nella Cisgiordania occupata, la regista racconta degli atti violenti e impuniti dei coloni israeliani sulle case della popolazione palestinese che vengono demolite senza pietà e sui loro uliveti, unica fonte di guadagno per molti, che vengono bruciati. “Crimini legalizzati” e abituali (tutt’ora) in Cisgiordania. Il racconto ha per protagonisti un professore di lingua inglese, due suoi studenti e una volontaria che lavora per le Nazioni Unite. Uno dei due ragazzi, che stava protestando per la distruzione degli alberi, viene brutalmente ucciso da un colono, avvenimento che causerà desideri di vendetta e frustrazioni per una giustizia che non arriva. Contemporaneamente un soldato israeliano è stato sequestrato dalle forze ribelli palestinesi allo scopo di ottenere la liberazione di un migliaio di prigionieri e una storia d’amore nasce tra il professore e la volontaria… Materiale bollente ben sintetizzato dalla regista (che non rinuncia anche ad una drammatizzazione spettacolare degli eventi) raccontando vicende intime con garbo e rabbia, traumi da metabolizzare e momenti di violenza insensata o meno che sia. (voto 6+)
Yunan, film presentato fuori concorso al Torino Film Festival 2025, è una di quelle opere cinematografiche in cui non succede praticamente nulla. Un film meditativo che racconta la crisi esistenziale di uno scrittore tedesco di origini turche, che si allontana dalla compagna e dalla città in cui vive per approdare su un’isola (anzi una hallig, che differenza c’è? Che un’isola non è soggetta alle inondazioni, mentre l’hallig periodicamente viene allagata dalle acque del mare) dove paventa propositi suicidi. L’incontro con l’anziana Hanna Schygulla, che diventa a tutti gli effetti sostituta di quella vera madre ormai perduta dall’uomo perché in condizioni di demenza senile, cambierà in qualche modo le sue prospettive di futuro… Il regista residente in Germania e di origini palestinesi e siriane, gira con lunghi e lenti piani-sequenza laterali e circolari, splendide immagini della natura particolare dell’isola paradisiaca e dell’alluvione che regolarmente arriva, intervallate da un racconto immaginario, metaforico e insoluto, che la madre gli raccontava da bambino. Il film è tutto qui, alla ricerca dell’anima del migrante e ad una sua (impossibile?) rappresentazione. (voto 6,5) Una Ford e la birra Dreimaster, product placement minimale del film.
Sensi di colpa, vite spezzate, figli rifiutati, anime perse nella fredda Estonia. Questo troviamo in Mo papa in concorso al Torino Film Festival 2025. Protagonista è Eugen, uscito di prigione dopo 10 anni per aver causato la morte del fratellino da lui rinchiuso in una stanza per vendicarsi del fatto che i genitori lo avevano abbandonato in un orfanatrofio alla nascita. Uscito di galera il nostro ritrova due amici, una donna e un nano. Entrambi hanno problemi psicologici e tutti e tre cominciano a vagabondare sperando in un’improbabile fuga in Brasile. Eugen tenta anche di ritrovare gli affetti perduti rintracciando il padre… La regista Eeva Magi licenzia un film gelido e problematico come il meteo estone che tende, però, a ripiegarsi su sé stesso (voto 5,5). Philips e birra Kali le marche presenti.
Bel film in concorso al Torino film festival 2025 è Diya, un film di un regista africano esordiente ambientato in una terra insolitamente frequentata dal cinema, il Ciad. Un film che ci immerge in una realtà fatta di rimandi a leggi tribali, corruzione, falsità, avidità, stato sociale praticamente inesistente con sanità per poveri e sanità per ricchi, classismo, divisioni in clan e tribù. Un avvenimento tragico (l’investimento di un bambino da parte del protagonista distratto dal telefonino) immerge in un incubo il protagonista che si ritrova incarcerato, licenziato e, soprattutto, soggetto alla legge della Diya, la legge tribale del sangue per il sangue, una morte da pagare con un’altra morte. A meno che… il colpevole non paghi una grossa somma come risarcimento alla famiglia della vittima: il sangue si lava anche con il… denaro. Disperato, senza i soldi necessari e una moglie incinta, il protagonista deve trovare il modo per risolvere la questione. A questo punto il film si trasforma in un noir atipico, ambientato nel deserto. Vi è anche uno switch finale che a mio parere non giova troppo al film. Il regista Ronaimou, che leggo essere autodidatta, riprende la città di N’Djamena e le sue periferie con una splendida fotografia e con riprese che costituiscono un affresco di vita del luogo di grande interesse visivo e documentale. (voto 7-) Le brand sono tutte di mezzi di locomozione, una Toyota e una Volkswagen tra le auto, una Honda tra le moto.