Il 26 settembre 2016 la storia del “godfather of gore” finisce. A 90 anni Herschell Gordon Lewis lascia questo mondo. Quelli della sua vecchiaia sono anni cinematograficamente di rinnovata attività grazie a giovani amici, tra cui i registi Eli Roth e William Lustig, e proprio nell’anno della sua morte il regista stava ultimando l’edizione di quella che sarà la sua ultima regia, Herschell Gordon Lewis bloodmania.
Si tratta di un film ad episodi, quattro, di cui due girati dal nostro. Il film non è certo di livello eccelso ma dimostra comunque come la vitalità e il piacere di girare film gore con ironia resta fino all’ultimo il suo piacere. Gli episodi vengono presentati da HGL con l’ironia dell’ Alfred Hitchcock presenta mettendo se stesso in scena prima di ognuno di essi (per altro il nostro sembra ancora pimpante assai a dispetto dell’età e della prossima dipartita…).
Il primo episodio è in classico stile Lewisiano, ambientato nella città di Lewisville narra le vicende di uno sfigatissimo provinciale che viene piantato dalla fidanzata (la quale trova che far l’amore con un cane è più soddisfacente che con lui…) e da quel momento agisce in modo maldestro e autolesionistico. Nel tentativo di uccidere la ragazza con la sega a motore si taglia una mano, sostituita questa con un uncino quest’ultimo si impossessa della sua volontà e lo costringe ad attaccare gli altri ma riuscirà solo a ferire, nuovamente, solo se stesso. Perso l’uncino verrà travolto da un auto e schiacciato da un rullo compressore mentre alcune ragazzine si fanno selfie davanti alle sue membra sparpagliate sull’asfalto… Will Coyote incontra il Lewis-gore.
L’altro episodio girato da Lewis non ha niente a che fare con il suo stile a parte l’inizio con una “bella” scena di una testa staccata dal collo. L’episodio ci racconta di un mostro donna (una specie di selvaggia nuda con il volto deforme) che si ciba di teste umane e getta il panico in una famiglia. Insipido, scontato e senza la rozzezza primigenia del nostro.
Per quanto riguarda gli altri due episodi che non sono diretti da HGL poco da dire su quello di Melanie Reinboldt (nella mente di una donna si susseguono episodi con il proprio uomo che la uccide in savariati modi, gettandola dall’alto, bruciandola, travolgendola con l’auto, uccidendola con armi…) senza idee e pieno di effettacci digitali, mentre nell’ultimo girato da Kevin Littlelight ritroviamo uno spirito spiccatamente exploitation, rock (la trama vede protagonista un impresario musicale assassino e una band rock di ragazze quasi sempre a seno nudo che cantano l’orecchiabile Goregeous Goregeous… e che faranno una brutta fine) e un poco underground che ricorda i film di Richard Kern, viscerali, con attori incapaci (il protagonista tutto smorfie e occhiatacce ha l’aspetto del tipico yahoo Lewisiano), donne tatuate e punk nude, effetti artigianali… un, come si dice, “guilty pleasure”.
Difficile dire se un film così (che però si può trovare ora su Amazon Prime americano e sulla piattaforma Pantaflix a pagamento) possa aver attratto product placement però alcune marche sono presenti come le birre Coors Light e Old Milwaukee, la ditta di taxi Mayfair, il rullo compressore Dynapac, un cartello fatiscente della Champion e, soprattutto, la citazione di Twitter su cui le ragazzine insensibili del primo episodio pubblicano i loro selfie.