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CINEMA
16 Febbraio 2021 - 20:09

DIARIO VISIVO (Andy Sidaris)

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Enemy gold (Drew Sidaris, USA, 1994)
DIARIO VISIVO (Andy Sidaris)

“Andy Sidaris è uno dei grandi registi del cinema d’azione di tutti i tempi. La sua padronanza della camera, la sua capacità di generare scene d’azione senza pausa, accompagnate da altre di genere comico, in combinazione con momenti di alto contenuto erotico, gli hanno meritato, assieme a sua moglie, il titolo di re del cine di azione” così scrive Santiago De Bernardo curatore dello speciale sul regista della fanzine Gotham numero 4/2000. A parte l’eccessiva enfasi (magari re del cinema d’azione indipendente, ma in assoluto ci sembra un po’ esagerato...) ci illustra bene la formula della “famiglia Sidaris” dato che, finita la serie delle agenti Malibu dirette da Andy, continua anche quando la sceneggiatura e la regia passano in mano al figlio Christian Drew.

L’agenzia L.E.T.H.A.L. non fa più capo alle Hawaii ma a Dallas dove i tre agenti Chris Cannon (interpretato da Bruce Penhall, l’unico superstite delle precedenti versioni), Mark Austin (Mark Barriere) e Becky Midnite (Suzi Simpson che vuol dimostrare “di non avere solo una faccia carina” ma non ha minimamente il carisma del duo Dona/Roberts), dopo un’azione non autorizzata vengono messi in “ferie” dal direttore dell’agenzia, un doppiogiochista infuriato perchè i nostri hanno fatto saltare un traffico di droga del narcotrafficante Santiago (il fedelissimo di Sidaris, Rodrigo Obregon, lo interpreta) a lui legato. Nulla può la nuova capa dei nostri (non più quindi Lucas ma una donna) Ava Noble (interpretata dal Tai Collins che ricalca le caratteristiche fisiche e attoriali di Dona Spier) ai quali non rimare che andarsene in vacanza in una scenografica foresta con lago in cui pare che nel 1865 (ci viene spiegato nell’incipit e in un flashback) due soldati sudisti agli ordini del famigerato Quantrill, dopo aver rubato un sacco di lingotti d’oro ai nemici, li abbiano qui sotterrati. Quindi la trama diventa: i nostri cercano l’oro, Santiago cerca loro per ucciderli e Ava con il doppiogiochista controllano il tutto per poi intervenire, ognuno con il proprio scopo opposto.

Ma nella storia manca un elemento fondamentale, infatti in Enemy Gold la bad girl è ancora Julie Strain che si ripropone come assassina (“you are as beautiful as you are deadly”) questa volta con il nome di Jewel Panther. Sarà lei ad affiancare Santiago col compito di stanare e uccidere i tre agenti...

Azione, comicità, sesso. In tutte e tre le categorie questo film è “qualcosa di meno” di quelli diretti da Andy (qui solo produttore insieme ad Arlene). L’azione è impacciata e scarsamente efficace (soprattutto Julie qui, a parte qualche posa da “femme fatale con pistolona”, si dimostra tutt’altro che letale e mera presenza iconica mentre in Fit to kill era decisamente più credibile), la comicità banale e costruita su parodie di film noir, l’erotismo patinato e “californiano”. Più che ad un film della Malibu ci sembra di assistere ad un B-movie di De Coteau...

Come sceneggiatore Drew cerca la parodia del linguaggio hard boiled intessendo una trama pretenziosa (ma piena di imperfezioni narrative) in cui troviamo alcune battute anche divertenti ma piuttosto fruste. Quando Becky raggiunge i due colleghi e prima dell’azione va a cambiarsi per essere “dressed to kill” e esce con un paio di shorts striminziti, poi prendendo in mano un arco con frecce che una volta raggiunto il bersaglio “ci mettono solo tre secondi per esplodere” si rivolge a Mark dicendogli “lo stesso di qualcuno che conosco...” doppio senso che non resterà nei manuali... Più simpatica quella detta dal direttore doppiogiochista quando gli viene presentata Jewel: “tu sei il tipo di donna a cui mia madre mi diceva di stare attento...”.

Product placement solito con il ritorno di American Airways e Kawasaki. Tra le auto spicca Chevrolet e l’arco micidiale ha marca Barnet.

Stefano barbacini

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