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CINEMA
9 Novembre 2025 - 20:08

DIARIO VISIVO (Daniele Dubroux)

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I film di una regista francese poco vista in Italia
DIARIO VISIVO (Daniele Dubroux)

Critica cinematografica (collaboratrice dei Cahiers), impegnata nella difesa degli immigrati e regista donna, Daniele Dubroux ha diretto una manciata di film piuttosto interessanti, nonostante resti praticamente sconosciuta in Italia. Grazie a TV5 France sono riuscito a recuperarli quasi tutti. Nella presentazione ad uno dei suoi film programmato su TV5 France, Frederic Mitterand (critico cinematografico e curatore di palinsesti televisivi) disse più o meno: “Daniele Dubroux è folle, di una follia dolce, tenera. La follia che mostra nei sentimenti umani, fregandosene del socialmente corretto. Cineasta inclassificabile che stravolge la banalità per raggiungere una specie di verità assoluta”.

Il suo primo lungometraggio di fiction di cui è unica regista (esiste anche un precedente film in coregia Les amants terribles non riuscitissimo) è La petite allumeuse del 1987. Il film è una commedia bizzarra con situazioni inconsuete, che sembra essere lo stile a cui è interessata la Dubroux. La situazione inconsueta è quella rappresentata da Jean-Louis (Roland Giraud), un quasi quarantenne che si innamora di una ragazzina di 14 anni, la figlia del suo miglior amico. E già qui capiamo che siamo in un’epoca cinematografica ormai finita, infatti vedere il bacio che i due si danno all’inizio e vedere poi l’attrice (Alice Papierski, poi attrice e regista teatrale in Francia), allora veramente di quell’età, mostrarsi nuda, fa attrito con le attuali sensibilità e i limiti morali generali di questo periodo (allora non vi era certo il “trainer” per i rapporti sessuali…). Ma il film è pieno di deragliamenti libertini e la Dubroux sembra sguazzare divertita nei tradimenti, nei falsi pudori, nelle situazioni sessuali in cui i protagonisti si lasciano trascinare. La ragazzina protagonista, Camille, ha un padre (Pierre Arditi) che ha lasciato sua madre, vive con una nuova donna e ha un’amante. La madre è un tantino svalvolata e in crisi per mancanza di uomini e si avventa su tutti quelli che incontra (compreso Jean-Louis). La ragazzina è molto libera e sfrontata (guida anche l’auto… illegalmente) e mentre intorta il povero Jean-Louis costringendolo a vestirsi da “ggiovane” e a tingersi i capelli di biondo rendendolo piuttosto ridicolo di fronte agli altri, si fa sverginare da un giovane balordo che appena può la tradisce con… la sua migliore amica… Insomma, in mezzo a tutto questo vaudeville sessuale il più “morale” è proprio Jean-Louis che sente la colpa di essersi innamorato di una minorenne e non pensa neppure di fare sesso con lei, ma è disposto ad aspettare che cresca per sposarla! La Dubroux non ha il tocco quasi surreale e corrosivo di Bertrand Blier (il film potremmo vederlo come un Preparate i fazzoletti con sessi invertiti) ma cerca comunque di portare la commedia (piuttosto convenzionale per quanto riguarda le parti comiche) verso strade anticonvenzionali. (voto 6). Tra il product placement troviamo la SNFC, Scania, Renault e Citroen per quanto riguarda i trasporti (tra l’altro il film ha un finale ambientato in Africa piuttosto deludente), J&B consolatorio, Lacoste indossata da Camille, Adidas da Jean-Louis, champagne Piper per festeggiare e Coca Cola anche ringraziata nel finale.

E sempre di amori con differenze d’età si tratta nel successivo Border line (1992) ma questa volta è la protagonista Helene (interpretata dalla stessa regista, Daniele Dubroux) ad innamorarsi di un giovane che potrebbe essere suo figlio (e lo scrivo a ragion veduta). Niente è lineare nelle commedie della Dubroux (e per questo ci piacciono) e quindi non ci si ferma ad una “normale” storia di adulterio e d’amore. Il ragazzo con cui va a convivere è il figlio del miglior amico del marito di lei Alexandre (André Dussolier) a cui è appena morto il padre che, si scopre, ha avuto un passato passionale con Helene e che, probabilmente, lei non ha mai dimenticato. Nel ragazzo ricerca l’amore che aveva per il padre? La cosa è ancora più complicata perché nell’oscuro passato della donna, quando era fuggita in Corsica con il padre del ragazzo, pare ci fosse di mezzo un figlio scomparso in un incidente. A questo punto la donna in delirio di possessione affettiva pensa pure di essere la madre del ragazzo e non è particolarmente sconvolta dalla cosa (come ad esempio era Mastroianni in Così come sei di Lattuada) ma trova del tutto normale essere amante e madre allo stesso tempo, tanto da far sparire il cadavere (solo alla fine sapremo se è lei che l’ha uccisa con una vena gialla del film) della madre “ufficiale” e finire davanti alla giustizia per questo. Le sue azioni sono ingenue e non psicotiche, lei pensa veramente di far bene quello che fa, come è certa ora di avere ritrovato quel figlio che aveva perso. Se il film ha tratti di commedia (la donna che chiede all’ospedale un test di dna per sapere se quello è suo figlio mettendo in crisi il concetto di “madre certa, padre incerto”, il detective incapace, il filosofo che pontifica, la madre sconclusionata che spera di essere amata da Dussolier…) ma nella sua apparente confusione anche trame psicologiche interessanti e coinvolgenti. (voto 6,5) Una macchina fotografica Nikkomat, Martini, Honda, Total nel product placement.

Le journal d’un seducteur (1996) è una commedia inconsueta che miscela erotismo, psicanalisi, pulsioni suicide e gotico. Un giovane di nome Sebastien (“prezzemolo” Mathieu Amalric) viene ospitato da due donne, madre (la Dubroux stessa) e figlia (Chiara Mastroianni). Qui decide di tenere un diario su come conquistare Claire (la Mastroianni) sulle orme di quanto faceva il protagonista de Le journal d’un seducteur di Kierkegaard, ma l’operazione non riesce; rifiutato si butta sulla madre (che delusa dagli uomini si lascia andare) per scacciare le sue pulsioni omosessuali. Il libro di Kierkegaard, però, diventa nelle mani di un altro giovane, Gregoire (Melvin Poupaud), un oggetto magico di seduzione e quando viene regalato fa inesorabilmente innamorare chi lo riceve. Claire sarà una di queste “vittime” dando vita ad una girandola di rapporti d’amore corrisposti o meno che vedrà salire sul carro filmico della Dubroux: un Jean-Paul Leaud aspirante suicida in una sequenza esilarante che finisce con una pizza completamente bruciata; Micheline Presle in grande forma, nonostante l’età, spumeggiante nonnina di Gregoire che con lui tiene nascosto nel frizer un morto; un invadente e invidioso vicino di casa; uno psichiatra in crisi d’identità che, ricevendo anch’egli il libro citato da Claire se ne innamora fino ad estreme conseguenze; una squinternata che secondo Gregoire era l’amante del morto e che ora si è suicidata. Decisamente interessante e a tratti sembra di intravvedere nella Dubroux un’antesignana delle odierne registe francofone, quelle senza paura di scombinare la narrazione tradizionale (Forgeat, Ducourneau, Triet, Sciamma ecc.) (voto 6,5) Citazione per Air France e Twining tea come probabile product placement

Due anni dopo esce il suo film L’examen de minuit (1998) forse la sua commedia più stralunata e che meglio delle altre viviseziona i rapporti uomo-donna, in un mondo che confina con l’assurdo ma è assolutamente paradigmatico dei comportamenti umani. Protagonista è Serena (Julie Depardieu, splendida per come rappresenta l’ingenuità e la semplicità dell’erotismo giovanile) una ventitreenne che non trovando un compagno degno a Parigi decide di rispondere ad un’inserzione di un nobile che cerca moglie. Il castello del nobile si trova nella provincia francese e la nostra vi giunge per scoprire che l’uomo ammette di aver avuto un raptus nello scrivere l’inserzione e che in realtà non cerca nessuna. Trovatasi sola e spaesata in un villaggio provinciale, viene avvicinata da un fattore (Serge Riaboukine) che la aiuta. Quest’ultimo si invaghisce ossessivamente di lei che però non gli dà troppa corda e lui pensa che sia perché non è abbastanza ricco. Allora decide di comprarsi una pistola e di mettersi a rapinare banche. Lei cede alle continue proposte di matrimonio (non sapremo mai perché, forse per incapacità di dir di no, forse perché l’uomo le fa pena…) ma gli dice che è sieropositiva e quindi non può far sesso. La prima notte di nozze se ne va con uno scrittore depresso (Francois Cluzet) e sposato con una donna che tradisce regolarmente (la stessa Daniele Dubroux) e comincia ad abitare con lui, che però la rinchiude in una stanza per giorni. Non potendone più di restare praticamente prigioniera chiede al giardiniere di essere liberata e passa una notte con lui. Poi la faccenda si fa intrigata perché tornerà in auge il marito, richiamato dalla moglie dello scrittore, con la sua pistola, lo scrittore dimostra tutta la sua follia egotica, interviene la polizia e un avvocato che pensa ad una soluzione delirante per salvare capra e cavoli. Insomma il mondo della Dubroux è indubbiamente il nostro ma visto sotto una lente deformante, certo è che questo film dimostra la fragilità degli uomini e la volontà delle donne di poter vivere libere e autodeterminandosi. Gli uomini si trovano spiazzati davanti alla mancanza di certezze e alle decisioni a volte illogiche (per la mente maschile appunto) delle donne. Il cinema della Dubroux è un cinema libero, sbrindellato ma intelligente tra Blier (già citato), il primo Polanski e Truffaut (voto 6/7). La pistola utilizzata dal fattore è una Beretta, la prima banca rapinata il Credit Mutuel, lo scrittore è dipendente dal Lexomil e la moglie guida un’Audi. Product placement possibile.

L’ultimo film di Daniele Dubroux è del 2004, Eros Therapie, ed è ancora una commedia un po’ sgangherata, che prende di mira ancora una volta i rapporti di coppia estendendoli a quelli omosessuali e al sadomasochismo. In pratica Agnes (Catherine Frot) è divorziata da Adam (Francois Berleand) e convive con una donna esprimendo la sua tendenza al lesbismo, soddisfatta tardi ma presente fin da ragazzina, Catherine (Isabelle). Quando il marito, depresso e sedicente reduce da un incidente che ne ha colpito la memoria, chiede di tornare a vivere a casa, accontentandosi di dormire in cantina, gli avvenimenti accelerano. Entra a far parte della famiglia allargata anche Bruno (Melvil Poupaud) cacciato anch’esso di casa dalla mistress Dreanne (Claire Nebout), il quale si innamora e comincia ad insediare Catherine… Tipica trama da vaudeville ma in cui niente va lineare e con un finale che è un inno alla libertà sessuale oltre la coppia. Purtroppo quest’ultima opera non è riuscita come le precedenti, forse perché la voglia di andare oltre la consuetudine è “sparata” fin dall’inizio mentre nelle commedie precedenti veniva a destabilizzare situazioni di partenza insospettabili e si insinuava nel procedere della visione. Non condivido comunque alcune stroncature che appena vedono un po’ di sesso che va oltre il consueto buttano tutto sulla banalizzazione dell’assunto. (voto 6-) Una tuta Adidas, una pubblicità Michelin in un’officina e un televisore Phillips lo scarno product placement del film.

STEFANO BARBACINI

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