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CINEMA
9 Maggio 2025 - 19:59

LA VECCHIA CINA CHE NON C'E' PIU'

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Generazione Romantica (Jia Zhang-ke, Cina, 2024)
LA VECCHIA CINA CHE NON C'E' PIU'

Una donna cerca di ritrovare un uomo oppure un uomo cerca di ritrovare una donna. Questa è una delle tracce più comuni utilizzate da Jia Zhang-ke perché gli permette di attraversare territorialmente e storicamente la Cina. Nel caso di Generazione romantica, il suo ultimo film, la sua attrice di riferimento Tao Zhao interpreta una modella che, lasciata dal suo uomo (un altro attore spesso chiamato nei suoi film da Jia, Zhubin Li) andato in cerca di fortuna promettendo di tornare da lei, dopo molti anni si mette in cerca di lui nel sud della Cina. Questo viaggio attraverso la Cina attraversa anche la cinematografia di Jia Zhang-ke.

Infatti, incastrando immagini d’archivio, materiali da altri film con una giovane Tao Zhao che canta, balla e seduce e scene nuove girate, il regista mette assieme una docufiction inserendovi quello che lo interessa di più, osservare la vita, osservare la tradizione e l’umanità cinese. Generazione romantica è un percorso nella musica tradizionale e pop cinesi, nei muri pieni di scritte e graffiti che ci portano tra gli avvenimenti storici della nazione, dalle immagini di Mao ormai bruciacchiate alla svolta del secolo, poi la costruzione della grande diga che ha significato la distruzione di bellissimi paesaggi, le Olimpiadi, la pandemia, i mondiali del 2022 in Qatar, fino alla modernità di Tik Tok, dei social, dei McDonald’s, della Coca Cola, degli KFC (product placement o solo simboli?) e della robotica che spazza via i ricordi di una Cina che non c’è più.

La storia d’amore e rottura tra i due protagonisti è solamente un espediente per raccontare di città metropolitane con cabaret, party e luci al neon; quartieri periferici umidi e in rovina; la vasta provincia dei lavori edili, dei minatori, dei contadini. Mostrare la distruzione di vecchi edifici per far posto a speculazioni edilizie e gabole finanziarie, i vecchi abbandonati ai giochi nei bar e a fumare negli angoli della città, le donne lavoratrici che cantano per non lasciarsi andare allo sconforto mentre i nuovi ricchi vanno in centri massaggi e si comportano da padroni.

La maschera triste dell’attrice simbolo di Jia nel finale rappresenta sì il rammarico per un amore svanito, per una vita che non è stata, ma anche quello per una Cina che era e che si è trasformata, che ormai esiste solo nei ricordi degli anziani. Ma proprio lei, al contrario del suo corrispettivo maschile che torna a casa in clamoroso ritardo da fallito, avrà lo spirito per andare avanti partecipando alla grande corsa finale.

Il cinema di Jia è poesia grezza, realistica, ma poesia pura. (voto 7)

Stefano Barbacini

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