E’ morto a 90 anni, il 30 ottobre, Peter Watkins, documentarista, sperimentatore, radicale inglese e apolide. Con il suo cinema ha esplorato i soprusi del potere e la macelleria delle guerre e della soppressione delle rivolte rivendicative. Ha inneggiato alla pace con il suo film premio Oscar per la sezione documentari (anche se il film è un mockumentary) del 1967 The war game. Era conosciuto anche per le sue due “indagini storiche”, i suoi due capolavori anche dal profilo cinematografico puro, Culloden (1964) e La Commune (2000). La tecnica è quella di inserire giornalisti e riprese televisive sul campo come se, con una macchina del tempo, si fossero catapultati nel periodo degli avvenimenti a far reportage su quello che è successo intervistando i protagonisti. Un gioco intellettuale e formale che serve per collegare passato e presente. Culloden illustra la battaglia storica in cui nel 1746 le truppe scozzesi, raccogliticce tra contadini e artigiani, a supporto di Carlo Edoardo Stuart (il giovane pretendente al trono) vengono battute e trucidate dalle forze lealiste inglesi che difendevano il trono di Giorgio II con equipaggiamenti più moderni, ricchi e organizzati. La disfatta degli scozzesi diventerà anche un’operazione di macelleria in cui il Duca di Cumberland, figlio del re, fece uccidere e massacrare non solo i sopravvissuti alla battaglia ma anche tutti i loro parenti, donne e bambini compresi, e per questo fu soprannominato “Billy il macellaio”. Come dicevo, in mezzo alla battaglia vi stanno anche alcuni giornalisti che con mezzi moderni, microfoni e telecamere, intervistano i componenti delle due parti e riprendono gli avvenimenti con crudezza “documentaria”. Naturalmente i massacrati saranno i poveracci che hanno creduto in Carlo Eduardo Stuart, seguendolo con la speranza di evitare la sottomissione all’Inghilterra, mentre il “nobile” pretendente al trono, colpevole di inettitudine strategica, si darà alla fuga incolume. Un monito al di là dei tempi contro le efferatezze delle guerre e delle lotte di potere. “ (Watkins) brechtianamente, drammatizza con l’effetto-straniamento (la tecnica dell’intervista, il commento “distanziato”) l’history collettiva, scomponendola in tante story individuali, quelle dei singoli uomini, prevalentemente scozzesi – i soldati dell’armata vincente restano una massa anonima, dal momento che notoriamente “la storia la scrivono i vincitori” e la loro testimonianza sarebbe dunque di parte- chiamati a presentarsi con nome e cognome, a enunciare la propria biografia, le ragioni della propria emarginazione sociale, del proprio infimo rango, del proprio trovarsi lì, in mezzo al fuoco nemico, male armati e mal guidati, antieroi delle Alte Terre pronti a farsi ammazzare (…) E l’effetto-straniamento, moltiplicato dal livido scenario in b/n delle Highlands, acquista una potenza figurativa inarrivabile, una misura didattica e antimimetica degna di un morality play da un lato e di una distopia futuribile dall’altro, una carica d’astrazione tale da proiettale l’exemplum scelto da Watkins in dimensione metaforica e metastorica (…) a dispetto del programmatico azzeramento dell’empatia” scrive Sergio Arecco su Cineforum 532 nel suo saggio La fine della sotira, la fine delle storie dedicato al mockumentary. (voto 7)
Nel 2000 Watkins riprende la stessa tecnica espandendola in un’opera fiume, La commune (quella visionata e che potete trovare su youtube è di 5 ore e 46 minuti), che documenta la parentesi storica del 1871 di rivolta delle classi più povere contro il potere dei nobili sotto Napoleone III e contro il governo di Thiers, accusato di affamare la popolazione, in un esperimento di autodeterminazione e di autogoverno denominato appunto La comune sulle tracce degli ideali socialisti e della rivoluzione francese. Watkins gira tutto dentro gli studi del Centre de création “La parole errante” nei vecchi studi di Georges Méliès a Montreuil, con vari piani sequenza, rigorosamente in bianco e nero, utilizzando un cast di non professionisti e di immigrati, molti pannelli didascalici tra una sequenza e l’altra, intrecciando presente e passato in modo molto più sistematico e integrato immaginandosi una troupe di una televisione indipendente con due reporter che interagiscono con i protagonisti della Comune seguendone passo passo le evoluzioni, i contrasti, le derive, e una televisione “ufficiale” che invece dà solo notizie addomesticate dal governo asserragliato a Versailles in attesa di scatenare la battaglia controrivoluzionaria che finirà anche in questo caso in un massacro di poveracci. Durante le 5 ore e passa di cinema-teatro verità Watkins ci dà un lucido saggio su argomenti che si rimpallano pari pari (se non peggiorati in molti casi) tra la situazione del fine 1800 e quella di fine 1900, quella presente del film (ma oggi non è migliorato nulla…). Lotta per l’autodeterminazione, disuguaglianze sociali, rivendicazioni dei diritti delle donne, analisi sulla manipolazione mediatica, derive autoritarie nella democrazia, razzismo, prevaricazioni, tutto viene analizzato con la visione socialista e inneggiante alla rivolta del regista che di queste argomentazioni ha fatto una ragione di vita. Ne esce un capolavoro, ancorché faticoso ma pure appassionante, di lucidità analitica e di sperimentazione cinematografica e teatrale allo stesso tempo. Non è d’accordo su questo il già citato Sergio Arecco che nello stesso articolo su Cineforum 532 scrive: “i trent’anni e più che separano il primo Watkins di Culloden dall’ultimo Watkins di La Commune includono da una parte la fine del brechtismo più evoluto e la sua degenerazione manierista, dall’altro un revisionismo storico che (…) enuncia hegelianamente (…) la scomparsa definitiva delle ideologie e dell’ultimo homo socialis.” Pareri legittimi anche se il film è stato acclamato dalla maggior parte della critica cinematografica. “Watkins ripropone la storia nelle sue stesse rovine, usa i media come una cornice e, nonostante ciò, riesce a impregnare la sua narrativa con una presenza straordinaria. Un trionfo dell'azione spontanea” scrive ad esempio J. Hoberman su Sight & Sound. (voto 7,5)